Per l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) e il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie (Africa-Cdc) cresce l’allarme in Somalia per i contagi da Covid-19: a ieri circa 873, secondo i dati ufficiali, con 39 morti e 87 guarigioni, ma secondo The Guardian sono numeri di gran lunga inferiori alla realtà. Le prove fornite dai medici e dagli operatori di sepoltura suggeriscono un’incidenza altissima del virus, soprattutto nella capitale Mogadiscio, con almeno 1000 casi rilevati in una settimana. Numerose testimonianze parlano di«almeno una ventina di cadaveri al giorno trasportati nelle ultime tre settimane nei cimiteri cittadini» secondo il quotidiano inglese. Senza contare che in Somalia i defunti vengono seppelliti nel giro di poche ore seguendo l’usanza islamica. Ciò rende più difficili le autopsie o la tenuta dei registri e i funzionari medici ammettono che molti decessi non vengono semplicemente segnalati alle autorità. «Non siamo in grado di raggiungere ogni casa. Quando un paziente muore, i parenti usano un’ambulanza privata o un camion e seppelliscono il corpo. Le persone sono riluttanti ad informare le autorità e quindi ci mancano i numeri reali», ha affermato a Al Jazeera, Mohamed Ali, direttore sanitario del team medico, l’unico nel paese, che guida la lotta contro la pandemia presso l’ospedale Martini di Mogadiscio.

La ministra della Sanità, Fawsia Abikar, conferma: «Mancano le attrezzature essenziali utili per effettuare i tamponi e abbiamo solo 20 posti letto di terapia intensiva in tutta la capitale, cioè per oltre 3 milioni di abitanti». La Somalia non ha la capacità di diagnosticare direttamente il virus, questo significa che i campioni vengono inviati all’estero e i risultati vengono comunicati con un ritardo di oltre una settimana. «Abbiamo ricevuto da Oms e Turchia 20mila kit di test, 100mila mascherine, 1.000 tute protettive e schermi facciali, ma per fronteggiare la pandemia questo purtroppo non basta» ha dichiarato Abikar.

La Somalia è 194esima, su 195 Paesi, nel Johns Hopkins Global Health Security Index (2019) per le sue criticità sanitarie, dopo quasi tre decenni di conflitti, siccità, carestia e attacchi dei miliziani di al-Shabab. Nelle aree delle regioni centrali e meridionali del Paese controllate dal gruppo legato ad al Qaeda, «non è possibile l’accesso neanche per gli operatori umanitari e non ci sono informazioni sulla diffusione della malattia» ha dichiarato Justin Brady, capo dell’ufficio Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha) in Somalia. «Con un sistema sanitario già inesistente o sul punto di rottura, senza attenzione urgente da parte della comunità internazionale a questa crisi, la Somalia rischia di diventare uno dei paesi più colpiti del continente e di subire l’ennesimo flagello in termini di vittime della pandemia», ha affermato John Nkengasong, direttore dell’Africa-Cdc.