Lunedì la settimana era iniziata con meno di diecimila nuovi casi positivi al coronavirus. Per il secondo giorno consecutivo, ieri sono stati oltre ventimila in 24 ore, cioè oltre il doppio. Su base settimanale, l’aumento rispetto a sette giorni fa è del 29%. Tutti i segnali in questo momento suggeriscono l’arrivo di una terza ondata epidemica.

UNA SETTIMANA FA, il numero dei pazienti positivi e di quelli ricoverati avevano toccato i valori più bassi dall’inizio di novembre. Negli ultimi sette giorni, l’inversione di tendenza: i positivi sono aumentati di 22 mila unità (+5%), i ricoverati di 700 (+4%) e in terapia intensiva ci sono oggi 151 pazienti in più (+7%).

L’unico dato in controtendenza riguarda i decessi, che ieri sono stati 253 e nell’ultima settimana sono calati del 9%.
Il monitoraggio della cabina di regia formata da ministero della salute e Iss si basa su dati più accurati di questi, perché tengono conto della sintomatologia dei casi, ma in ritardo di alcuni giorni. Tuttavia, il quadro è sostanzialmente lo stesso. «Si conferma per la quarta settimana consecutiva un peggioramento nel livello generale del rischio», è la conclusione degli esperti. L’indice Rt a livello nazionale è pari a 0,99, apparentemente stabile. Ma le regioni con Rt maggiore di 1, quindi con un contagio in espansione, sono 10. Sta peggio di tutte la Basilicata, che con un Rt di 1,51 andrà in zona rossa a partire da lunedì 1 marzo. Tenendo conto anche dell’impatto dell’epidemia sul sistema sanitario, vengono classificate a rischio “alto” cinque regioni (Abruzzo, Lombardia, Marche, Piemonte e Umbria), quattro in più di sette giorni fa. Lombardia, Piemonte e Marche entrano in zona arancione, dove raggiungono Abruzzo, Campania, Emilia-Romagna, Toscana, Trentino e Umbria. La Liguria è l’unica regione che migliora la sua classificazione, tornando in zona gialla. Rimangono invariate le colorazioni delle altre regioni.

UN DISCORSO A PARTE merita il Molise. Non ha indicatori peggiori di altre aree, ma la stessa regione ha chiesto di essere collocata in zona rossa dal governo a causa dei focolai che si stanno sviluppando sulla costa. Anche a Bolzano è la provincia stessa ad aver proclamato il lockdown.

La mappa dei colori stabiliti dal governo è costellata da mini-zone rosse e aree “arancione rinforzato”, decretate da sindaci e regioni un po’ in tutta Italia. È una conseguenza «dell’aumentata circolazione di alcune varianti virali» secondo il rapporto settimanale dell’Iss, che suggerisce di «innalzare le misure di mitigazione per raggiungere una drastica riduzione delle interazioni fisiche tra le persone e della mobilità».

IL TIMORE È CHE gli ospedali vengano di nuovo sommersi. Nonostante il lento miglioramento delle ultime settimane, ci sono ancora 8 regioni del centro nord con un tasso di occupazione delle terapie intensive superiore al 30%, la soglia oltre la quale la lotta alla pandemia sottrae risorse alle attività ordinarie.

Gli esperti non chiedono nuovi lockdown, ma ribadiscono che «è fondamentale che la popolazione eviti tutte le occasioni di contatto con persone al di fuori del proprio nucleo abitativo che non siano strettamente necessarie e di rimanere a casa il più possibile».

E CON L’AUMENTO DEI CASI torna a ballare anche la scuola. La variante inglese ha già condotto alla chiusura di interi plessi a causa della velocità con cui si propagano i nuovi focolai (anche se i sintomi non sono più gravi).

I dati della seconda indagine rapida sulla diffusione delle varianti sono attesi per l’inizio della prossima settimana ma la promessa del governo Draghi di riportare tutti sui banchi appare sempre più difficile da mantenere. Chiudere le scuole «è sempre doloroso», dice ai giornalisti Gianni Rezza, numero uno sulla prevenzione al ministero della salute. «Ma laddove ci sono dei focolai o presenza di varianti è chiaro che tale decisione è assolutamente da considerare. Dobbiamo essere pragmatici».

TRA LE (POCHE) BUONE notizie della giornata c’è il calo dei casi registrati nelle residenze per anziani – «evidentemente la vaccinazione delle persone anziane sta dando i primi effetti positivi», spiega Rezza. L’infettivologo non intende però cambiare strategia vaccinale, vaccinando più persone con una sola dose per coprire una fetta più ampia della popolazione. I dati provenienti dal Regno Unito dimostrano che anche una sola dose dei vaccini garantisce una buona protezione. Ma «vaccinando con la doppia dose con il vaccino mRna – conclude Rezza – c’è una protezione quasi completa».