I contagi calano per il quinto giorno consecutivo. L’impietosa analisi di Ranieri Guerra (Oms) sulla sanità italiana, tra eccellenze e antiche ombre.

LA CURVA DEI NUOVI contagiati cala per il quinto giorno consecutivo, e non era mai successo. Ieri sono stati 2667 in tutta Italia, circa 300 in meno del giorno precedente. Diminuiscono anche i decessi (578) che tuttavia non si allontanano di molto dai 602 di martedì. È la stessa fascia in cui oscillano da una decina di giorni. In totale, sono 21645 le persone che hanno perso la vita a causa del Covid-19 registrate nei dati della Protezione Civile. L’attività diagnostica è aumentata e questo si riflette anche sulla distribuzione per gravità delle condizioni dei casi positivi. Mentre diminuisce la necessità di posti letto in terapia intensiva (107 i letti liberati ieri) aumenta la percentuale dei casi meno gravi, quelli in isolamento a casa. «Ora sono il 71% del totale», spiega Angelo Borrelli, capo della Protezione Civile, che ha presieduto al quotidiano incontro con la stampa. È il segno che aumentando la capacità diagnostica (43 mila test ieri) e diminuendo le urgenze, si riesce a fare i tamponi prima che i pazienti arrivino in ospedale già compromessi.

ALL’INCONTRO con i giornalisti ha partecipato Ranieri Guerra, nella doppia veste di membro del Comitato tecnico scientifico e direttore aggiunto dell’Oms cui spetta anche il ruolo di consigliare i governi. E le sue raccomandazioni non sono mancate. «Dobbiamo pensare a come poter vaccinare contro l’influenza e lo pneumococco gli anziani, i bambini e tutti quelli che possono essere veicolo di trasmissione», ha detto. Non serve contro il Covid-19, ma almeno permette di non confonderlo con influenze stagionali e polmoniti di altra origine.

Guerra ha ricordato che la crisi sanitaria attuale ha radici lontane. «Questo Paese aveva il tasso inferiore d’Europa di vaccinati tra gli operatori sanitari», e con Turchia e Grecia era già un Paese record per le resistenze antimicrobiche, un «indicatore di una diffusione non approfondita delle buone prassi per il controllo e la prevenzione delle infezioni nosocomiali».

Le cattive condizioni igieniche dei ospedali però non ne hanno compromesso l’efficacia e non bisogna farsi ingannare dai dati sulla letalità al 14%, molto più alta che altrove. «Dategli tempo e vedremo che alla fine dell’anno avremo tutti i Paesi europei nella stessa condizione», dice Guerra. I pazienti italiani possono stare tranquilli? «Che vengano curati meglio altrove rispetto a noi dubito fortemente, perché il nostro è un sistema all’avanguardia e questo deve essere chiaro a tutti».

A PRESCINDERE DALL’IGIENE degli ospedali e dalla qualità dei medici, l’epidemia va frenata prima che si abbatta sugli ospedali, la battaglia si combatte sul territorio, come segnalava sul manifesto anche Mirco Nacoti. «Abbiamo strutture ospedaliere di eccellenza, dobbiamo avere anche strutture territoriali di eccellenza», avverte Guerra. «La capacità preventiva del Paese è andata diminuendo, a favore di una struttura curativa».

La prevenzione non ricade solo sui medici e coinvolge anche i cittadini. Alla popolazione lombarda «un po’ più di disciplina va richiesta, soprattutto adesso che siamo in una fase cruciale», dice commentando la mobilità in Lombardia già tornata al 45% del livello pre-crisi nonostante il lockdown. Nemmeno chi è guarito può sentirsi al sicuro, perché l’immunità acquisita è ancora incerta. «Al momento non la conosciamo. Pensiamo che l’immunità sia durevole, ma quanto può durare è tutto da verificare», dice Guerra. Né basterà usare le mascherine per sentirsi protetti, spiega: «Le raccomandazioni dell’Oms non sono cambiate sulle persone che camminano in strada: usare le mascherine è fuori dalle raccomandazioni».

NEL MILANESE I CONTAGI aumentano con 325 nuovi casi. Eppure, la regione ha fretta di ripartire, dice una nota dei vertici regionali: «Dal 4 maggio, la Regione chiederà al governo di dare il via libera alle attività produttive nel rispetto delle 4 D: distanza, dispositivi, digitalizzazione e diagnosi». Sperando che non torni la «D» di disastro.