Belli da morire. Alcuni anche di fame. Sono popolo dalle forti contraddizioni gli italiani, uno su quattro è a rischio povertà (il 28,7% delle famiglie, quasi 3 punti in più rispetto al 2007) e però “spendiamo” circa 10 miliardi di euro all’anno per la cura del corpo, intesa come ricerca non solo estetica del benessere. Una mania che ha contagiato non solo i più danarosi (corpo come ultimo bene rifugio, narcisismo ansiogeno?). Molte interpretazioni restano aperte, anche in chiave psichiatrica – ci sono buone nuove e altre disperanti – leggendo il nuovo “Rapporto Coop 2017” che indaga i mutamenti dei consumi e degli umori degli italiani, con particolare attenzione alla propensione agli acquisti. E qui, si compiacciono i vertici della grande distribuzione cooperativa, una notizia certa c’è: si chiama ripresa dei consumi. O ripresina.

Gli italiani sono tornati a spendere, anche se forse stanno intaccando i risparmi ed è in aumento il ricorso ai prestiti. Insomma, vendere l’argenteria o indebitarsi per campare un po’ meglio non è proprio un segno di grande vitalità dell’economia italiana, comunque la pensi il pacato governo di Paolo Gentiloni.

In ogni caso, per rimanere al carrello della spesa, nei primi sei mesi dell’anno le vendite nel grocery hanno registrato un incremento dell’1,2% a valore e del 2,1% a volume. Lo dice Marco Pedroni, presidente di Coop Italia: “Gli elementi di ripresa dei consumi sono evidenti anche nella nostra rete di vendita”. Di riflesso, anche il rilancio del marchio Coop e delle prossime iniziative: oltre 200 nuovi prodotti nel 2017 e altrettanti per il 2018, la proposta di nuove linee (animali e casa), 10 nuove aperture e 90 ristrutturazioni per un investimento di 300 milioni. E l’impegno a “combattere l’illegalità nelle filiere ortofrutticole”.

Detto questo, come sostiene Stefano Bassi, presidente Ancc-Coop (Associazione nazionale cooperative consumatori), “siamo di fronte a segnali di ripresa che riteniamo ancora deboli e intermittenti se non saranno sostenuti da interventi strutturali”. Il suggerimento (al governo), vista l’aria che tira, ha il sapore di un programma rivoluzionario: interventi “a sostegno soprattutto della crescita del lavoro riducendo le disuguaglianze generazionali”.

Intanto, in questa Italia che arranca per riprendersi, “gli italiani ormai sono irrimediabilmente cambiati” (dice il rapporto). Consumano esperienze spirituali come fosse yogurt – buddismo, yoga, vegan – e questa paranoia ascetica & salutista indotta forse li distrae da piaceri più vintage: fumano meno, bevono meno e fanno sesso con meno frequenza (-10% il calo del desiderio negli ultimi 15 anni e -6% la diminuzione della spesa per i profilattici nel 2017). Una passione, da poveri cristi in tempi di vacche magre, però continua a crescere, quella per il gioco d’azzardo: tentano la sorte in vario modo quasi 30 milioni di persone (siamo tra i quattro popoli che perdono più denaro al mondo, dopo Usa, Cina e Giappone). Bulimici quanto a consumo di nuove tecnologie, sono un po’ spaventati, anche dalla disoccupazione (la maggioranza è obbligata a non disdegnare l’economia dei “lavoretti”). Facile indurre gli intervistati a indicare paure come “terrorismo” e “immigrazione”. Impossibile però che siano queste le cause del ricorso agli antidepressivi (+18% in dieci anni). Frettoloso anche associare il dato seguente all’insicurezza percepita: 12 italiani su 100 hanno un’arma. Apprezzano Trump (primo paese in Europa). Liete novelle? Siamo campioni di beneficienza, siamo i più sani al mondo e ci siamo alzati dal divano (il 25% fa sport).

Il rapporto Coop, ovviamente, si sofferma anche sul cibo o sulla propensione maniacale al mangiare sano per sentirsi meglio: “Il 46% pensa che i superfood siano un modo per trattare e prevenire le malattie”. Impazzano integratori e nuovi cibi: polvere di maca, semi di chia, bacche di acaj e di goji. Altri hanno stufato: meno aglio nero e kamut. Anche il latte è un buon indicatore di una tendenza che forse nasconde qualche male di vivere: perde terreno il latte uht (-4,6%) ed è boom di quello ad alta digeribilità (+174,4%). Deve esserci qualcosa che ci rimane sullo stomaco… Scegliamo uova allevate a terra (+15%) e ci ingozziamo di cibi “senza” (zucchero, glutine, olio di palma…). E’ questa nuova tendenza salutista che ha aggiustato i conti della grande distribuzione (il 56,4% dei consumatori legge in modo “quasi maniacale” le etichette dei cibi e il 70% dice di essere disposto a pagare di più per la qualità). Una predisposizione credulona che il marketing non si lascia sfuggire. Poi ci sono malattie social di cui ci si rallegra: sono 130 milioni i risultati indicizzati su Instagram alla parola foodporn. Una simpatica forma di distribuzione di cibo virtuale, del resto quei 15 milioni di italiani che tirano la cinghia uno smartphone per dare una sbirciatina ce l’avranno di sicuro.