Luciano Violante ha fatto tredici. Tredici lunghissime votazioni del parlamento in seduta comune non sono bastate a eleggere l’ex presidente della camera, e neanche il candidato di Forza Italia Donato Bruno, a giudice della Corte Costituzionale. Non è bastato l’incontro di mercoledì a palazzo Chigi tra Renzi e Berlusconi, che hanno deciso di insistere con gli stessi candidati, né le avance dell’ex Cavaliere con la Lega e del vicesegretario del Pd Guerini con Sel. Ma mentre Berlusconi con gli storici alleati può solo accennare a futuri impegni comuni, con la trentina di deputati e senatori vendoliani il Pd ha fatto di più, offrendo a Sel uno degli ultimi due posti disponibili per il Csm, prima destinato al Movimento 5 Stelle.

La prescelta è Paola Balducci, avvocata, già candidata al Csm nel 2002 dai Verdi di Pecoraro Scanio. Secondo i calcoli dei capigruppo Pd la mossa doveva spianare la strada a Violante, ma il problema del gruppone democratico non è tanto quello di sommare voti teorici quanto di controllare i voti veri. E così dalle urne dove i parlamentari continuano a depositare le schede da tre mesi – cosa che condiziona la ripresa dei lavori parlamentari – per Violante anche ieri sono usciti meno voti (542) di quanti sarebbero stati necessari per l’elezione (570); anche peggio ha fatto Bruno (527). Il che vuol dire che malgrado l’incontro tra i capigruppo di Pd e Sel si sia concluso con la «piena condivisione delle parole del capo dello stato» e la condivisa «disponibilità al reciproco ascolto sia nel metodo sia nel merito per una vicenda che deve trovare una rapida conclusione», il travaso di voti da Sel a Violante e dal Pd a Balducci per il Csm non c’è stato. Tant’è che l’avvocata verde ha messo insieme non più di 148 voti, riuscendo a superare di un soffio quell’Alessio Zaccaria che il M5S – che ha il quadruplo dei parlamentari di Sel ma non accetta di votare Violante – continua a votare in solitaria.

Quella di ieri mattina è stata la seconda fumata nera infilata dal parlamento dopo il monito di Giorgio Napolitano a non perdere più tempo. E a questo punto, malgrado pubbliche rassicurazioni contrarie, Berlusconi e Renzi hanno poche alternative al cambio di candidati. La carta di riserva del Pd è da tempo Augusto Barbera, costituzionalista, mentre Berlusconi potrebbe scegliere il giurista ex del Csm Nicolò Zanon. A questo sembra alludere Renzi quando commenta l’ultimo fallimento dando ragione «assolutamente» a Napolitano e aggiungendo: «Spero in una soluzione di alto profilo nelle prossime ore». Nel frattempo protesta anche l’attuale presidente (in uscita) della Corte Costituzionale, Giuseppe Tesauro, secondo il quale le camere stanno offrendo «uno spettacolo molto amaro che i cittadini non meritano» e anche la Consulta «merita ben altro trattamento». La decisione di sospendere le votazioni fino a martedì prossimo prelude alla novità, le trattative sono appena ripartite. Ma è già chiaro che la posizione più difficile è quella di chi dovrà spiegarlo a Violante, che forte del sostegno del Quirinale ha mantenuto la candidatura di fronte alle pluri bocciature. Anzi ha fatto sapere che considererebbe la sua mancata elezione «una sconfitta del Pd». In arrivo.