L’ultima fumata nera, martedì, è stata la numero 20: sull’elezione dei due giudici costituzionali le camere sono bloccate. Un nuovo scrutinio non è stato neanche convocato. Si fa strada l’ipotesi che le nomine di fonte quirinalizia arrivino prima di quelle parlamentari. Ieri Napolitano ha assicurato che procederà «rapidamente». «Io vado avanti per conto mio: siamo in due e io non so l’altro come si muove», ha aggiunto riferendosi (non benevolmente) alle camere. Dopo che a fine giugno hanno lasciato la Corte i giudici Silvestri e Mazzella, eletti dal parlamento, il 9 novembre finiranno il mandato il presidente Tesauro e Sabino Cassese, scelti da Ciampi. Il numero minino perché la Corte possa deliberare è di 11 giudici su 15. Con le scelte di Napolitano, le camere – impegnate su legge di stabilità, sblocca Italia, autoriciclaggio e jobs act – potrebbero continuare la melina. Sui giudici l’accordo è in alto mare. Il Pd si è intestardito su Violante, spingendo Forza Italia a cercare nomi politici, e a bruciarne tre (Bruno, Catricalà, Caramazza). Se il Pd si orientasse su un ’tecnico’, gli azzurri dilaniati dalle polemiche potrebbero trovare un nome non (troppo) schierato. Tra i papabili, in questo nuovo schema, Massimo Luciani (centrosinistra) e Giovanni Guzzetta (centrodestra).