I grillini passano dal no a Barbera al sì a Barbera. Il Pd dal no all’accordo con i 5 Stelle al sì all’accordo, scaricando Forza Italia (almeno per il momento). La svolta sull’elezione dei tre giudici costituzionali arriva dopo un anno e mezzo di buchi nell’acqua e deve passare per due plateali inversioni di rotta. Ma Renzi è un professionista della scappatoia, così monta un caso dalla tradizionale lite con il capogruppo forzista Brunetta (che lo interrompe in aula durante le comunicazioni sul Consiglio Ue) e fa sapere che per questa ragione il Pd si rivolgerà altrove. Gioco facile, anche perché Brunetta è impopolare tra i suoi proprio per l’abitudine a strafare e la settimana scorsa stava per essere sfiduciato.
Il Movimento 5 Stelle nemmeno si preoccupa di spiegare il dietrofront. Barbera era stato bocciato dall’assemblea dei deputati un minuto dopo che il Pd lo aveva proposto, venti giorni fa, senza neanche sottoporre il suo nome al solito giudizio della rete. La settimana scorsa i grillini avevano cominciato a fare marcia indietro, articolando il discorso: il loro no a Barbera era legato alla co-candidatura dell’avvocato forzista Sisto – che però era arrivata solo dopo il rapidissimo niet al professore renziano. Ieri due non gremite assemblee di deputati e senatori grillini (e di nuovo nessun passaggio sulla rete) decidono con il sì del 50% dei parlamentari di votare la nuova terna di giudici.

Terna che è composta dai professori emeriti di diritto costituzionale Augusto Barbera per il Pd e Franco Modugno per i 5 Stelle, quest’ultimo giurista assai stimato dai colleghi, fine studioso proprio delle sentenze della Consulta, prudente nei giudizi politici al punto di non essersi pronunciato né sulla riforma costituzionale né sulla nuova legge elettorale. Modugno era il candidato preferito dal Pd tra i «papabili» dei 5 Stelle. Il terzo nome è quello di Giulio Prosperetti, avvocato e professore, giuslavorista con un passato da assistente di diritto costituzionale di Leopoldo Elia. Cattolico (sono ormai in netta maggioranza nella Corte) indicato dai centristi di maggioranza, giudice di appello in Vaticano.
La terna è passata ieri sera per il 32esimo scrutinio segreto (lo spoglio si è concluso troppo tardi per la stampa di questo giornale) al quale i parlamentari di Forza Italia non hanno partecipato, per evitare la tentazione che qualche franco tiratore favorisse la sconfitta di Brunetta. «È molto grave che la Consulta non abbia nemmeno un giudice del centrodestra», ha detto Berlusconi, sorvolando sulle divisioni della sua parte. Non è proprio così: tra gli eletti dal parlamento c’è il giudice Frigo con due anni ancora di mandato. Ma potrebbe lasciare prima, e così Renzi «concederebbe» anche un giudice ai forzisti.

I parlamentari di Sinistra Italiana hanno criticato il voltafaccia grillino e votato scheda bianca. «Prendono il posto di Forza Italia al banchetto della lottizzazione», ha detto il deputato D’Attorre. «Sono pronti a qualsiasi scambio di poltrone alla faccia della coerenza – ha detto la senatrice De Petris – oppure sotto sotto condividono le riforme che dicono di voler contrastare». Allusione alla legge elettorale che può aprire la strada al successo grillino al ballottaggio. Anche l’avvocato Felice Besostri, che era stato il più votato dai 5 Stelle prima della virata su Modugno, ha detto che i grillini hanno sbagliato ad «accettare dei veti sulla composizione della Consulta con il risultato di aver squilibrato il collegio». Besostri, avvocato dei ricorsi contro l’Italicum, è stato ritenuto troppo schierato. Barbera, pubblico difensore di quella legge, è stato accettato. E l’Italicum può arrivare davanti alla Consulta oltre che dai tribunali anche per iniziativa della minoranza parlamentare (dopo l’approvazione della riforma costituzionale) o attraverso il giudizio sui referendum abrogativi per i quali è stato costituito il comitato del Sì (presidente Massimo Villone).
La mediazione, l’accordo, non può fare scandalo: è quello che chiede la Costituzione imponendo quorum alti. Ma i 5 Stelle l’hanno a lungo demonizzato. E Barbera è stato descritto come uno che manda «pizzini per confermare fedeltà al premier», invotabile per il blog perché «non una personalità fuori dai partiti». Poi hanno deciso di votarlo.