Dopo tre buchi nell’acqua consecutivi, anche Renzi ha capito che insistere con la strategia del «si fa come dico io» non porterà a risolvere la questione dell’elezione dei giudici costituzionali che si trascina da 17 mesi e sei giorni. Il presidente della Repubblica continua a non intervenire e allora la maggioranza decide di prendersi una pausa di dieci giorni per cambiare linea. La prossima seduta comune delle camere è convocata – visti anche gli impegni della sessione di bilancio – lunedì 14 dicembre. Esattamente nel giorno in cui sarà eguagliato il record di «buco» alla Consulta, stabilito nel 2008.
Per provare a salvare Augusto Barbera, il costituzionalista ultrarenziano che in un primo momento i 5 Stelle avevano bocciato e che è crollato nello scrutinio di mercoledì sera, il Pd sta facendo pressioni sul Forza Italia perché rinunci a Francesco Paolo Sisto, l’avvocato berlusconiano che ha fatto da relatore alle prime letture dell’Italicum e della riforma costituzionale. Non è operazione impossibile visto che Sisto non è amatissimo dai suoi e che i disorientati forzisti hanno già cambiato cinque candidati, tradendoli tutti nel voto segreto. I 5 Stelle che il 23 novembre avevano bocciato Barbera nell’assemblea dei parlamentari rifiutandosi di sottoporlo al voto del blog quando ancora Sisto non era in campo, adesso dicono che se da destra arriva «un nome diverso per indipendenza e competenza, si potrebbe anche ragionare su Barbera». Del resto il Pd ha un solo obiettivo: blindare la Consulta con giudici non ostili all’Italicum e alla legge di revisione costituzionale in dirittura d’arrivo. E non ha mai avuto problemi con il candidato grillino, lo stimato costituzionalista Franco Modugno che non si è esposto in critiche alle riforme di Renzi.

Tacendo Mattarella, hanno parlato ieri il presidenti di senato e camera. Grasso ha detto che bisogna «cambiare metodo» e che si deve puntare su candidati di «riconosciuta esperienza e indipendenza» da eleggere «entro l’anno». Boldrini che «il tempo è scaduto» e che «il parlamento non può rendersi responsabile del mancato funzionamento della Corte costituzionale». Ma Felice Besostri, l’avvocato che sta orchestrando i venti ricorsi in tribunale contro l’Italicum e che è stato per un tratto il candidato più votato dai 5 Stelle, obietta ai presidenti che «avrebbero potuto ben convocare le camere in anticipo rispetto alla scadenza dei giudici, niente lo vietava, almeno nel caso della sostituzione del giudice Napolitano decaduto il 10 luglio». Besostri ha anche qualcosa da dire ai 5 Stelle e al loro stop and go su Barbera, motivato con il fatto che il costituzionalista bolognese è un fiero sostenitore dell’Italicum. «Una forza che si presenta come alternativa non dovrebbe accodarsi a questa ricerca di candidati scoloriti che non prendono posizione – dice -. Io, avversario dichiarato dell’Italicum, ero nella loro terna, e per questo hanno detto che il Pd ha posto un veto su di me. Invece la trasparenza delle idee dovrebbe fare premio su tutto, com’è negli Stati uniti per la Corte suprema, tanto più che per i giudici della nostra Consulta non sono previste cause di incompatibilità e obblighi di astensione».

Diversi parlamentari grillini hanno firmato i ricorsi contro l’Italicum e i gruppi M5S hanno contrastato la riforma elettorale in parlamento, eppure ieri a prima firma Di Battista hanno presentato un ordine del giorno per chiedere al governo di non modificare in alcun modo la legge. È accaduto alla camera nelle battute finali dell’esame della riforma costituzionale. Comprensibile l’ispirazione, visto che i grillini hanno capito che se Renzi cambierà l’Italicum immediatamente dopo l’approvazione della riforma costituzionale, per riportare il premio di maggioranza dalla lista alla coalizione, le confuse norme transitorie renderanno impossibile sottoporre la legge elettorale modificata al vaglio di costituzionalità preventivo della Consulta – una delle poche novità apprezzate della riforma. Ma invece di impegnare il governo a rendere comunque possibile quel vaglio costituzionale, come da promessa del sottosegretario Scalfarotto e ordine del giorno del Pd Sanna, i grillini hanno chiesto di blindare l’Italicum. Alimentando così il sospetto che l’odiata legge elettorale è in realtà protetta in quanto è l’unica che può portare M5S alla vittoria nel ballottaggio. Attaccati sul punto da Sinistra Italiana, i 5 Stelle hanno spiegato che si trattava di «una provocazione». E così hanno votato contro il loro ordine del giorno. Respinto all’unanimità.