La procura di Roma sta passando al setaccio gli atti dell’inchiesta Consip. In particolare, sotto la lente di ingrandimento è finita l’informativa del Noe curata dal capitano Giampaolo Scafarto, indagato per falso ideologico e materiale. Secondo i pm sarebbe l’autore di almeno due depistaggi creati con dolo. La prima contestazione riguarda la frase «Renzi, l’ultima volta che l’ho incontrato» attribuita da Scafarto all’imprenditore Alfredo Romeo (in carcere con l’accusa di corruzione): secondo il capitano del Noe era la prova dei rapporti tra l’imprenditore casertano e Tiziano Renzi, padre dell’ex premier, ma nei brogliacci delle intercettazioni si legge che a parlare è il braccio destro di Romeo, Italo Bocchino.
L’iscrizione di Renzi senior nel registro degli indagati per traffico di influenze non è avvenuta però grazie alla falsa attribuzione. A raccontare ai pm di un incontro tra il padre dell’ex premier, Romeo e Carlo Russo è stato Alfredo Mazzei, commercialista partenopeo ed ex esponente dei miglioristi, la corrente di Giorgio Napolitano. A tirare in ballo Tiziano Renzi e Carlo Russo è anche l’amministratore delegato di Consip, il toscano Luigi Marroni: è lui a raccontare in procura di aver ricevuto pressioni da entrambi per favorire Romeo e la concorrente Cofely, ritenuta vicina a Denis Verdini.

I rapporti tra Russo e Romeo sono stati confermati ieri dallo stesso Bocchino al Fatto quotidiano. L’imprenditore farmaceutico di Scandicci, grande amico dei genitori di Matteo Renzi e con una scarsa fortuna negli affari, si sarebbe offerto come consulente per una delle maggiori imprese di facility management in Italia. In uno dei «pizzini» si legge: «30.000 al mese per T» e «5.000 ogni due mesi per CR». Bocchino spiega: «Parliamo di una consulenza lecita a Russo. Se il rappresentante di una categoria come Romeo vuole parlare con un esponente istituzionale come Luca Lotti può servirsi di un consulente che lo faciliti. E’ lecito per me». Russo offriva i suoi servigi da consulente presentandosi come amico del giglio magico renziano.
La seconda contestazione riguarda il sospetto, inserito nell’informativa da Scafarto, «di ricevere attenzioni da parte di qualche appartenente ai servizi» durante le operazioni di sequestro dei «pizzini» recuperati dalla spazzatura della Romeo Gestioni, quando era stato già accertato che le persone presenti erano abitanti della zona. Secondo i pm, Scafarto intendeva attribuire a Matteo Renzi un’operazione di copertura nei confronti del padre. Lunedì il capitano del Noe ha deciso di non rispondere: il suo legale ieri si è detto certo di poter dimostrare l’insussistenza del dolo, facendo così cadere le accuse. Il faccia a faccia in procura ci sarà subito dopo Pasqua, i pm dovranno accertare se abbia agito da solo o su sollecitazione di qualcuno.

Dell’interrogatorio a Scafarto, Nunzio Fragliasso (capo dei pm di Napoli) è stato avvisato dal procuratore capo di Roma, Pignatone. La questione è delicata: le indagini sul filone Romeo-Consip finito nella capitale sono state tolte al Noe, che invece continua a indagare sul ramo delle indagini rimasto a Napoli, dove l’inchiesta è nata. I pm partenopei accusano Romeo di concorso esterno in associazione mafiosa per l’appalto all’ospedale Cardarelli, ma si sono aggiunti anche nuovi spunti di indagine. L’ultimo deriva dall’inchiesta su tangenti all’ospedale pediatrico Santobono: l’imprenditore Pietro Coci ha raccontato di mazzette che sarebbero state pagate da Manutencoop ma anche vicende relative a Consip, per ora coperte da omissis.
I 5S attaccano dal blog di Grillo: «Siamo stufi di Renzopoli». Il caso Consip sfiora L’Unità. L’inchiesta di Report lunedì ha raccontato di uno scambio che sarebbe avvenuto tra il Gruppo Pessina dal un lato, Matteo Renzi e il tesoriere del Pd Francesco Bonifazi dall’altro: il salvataggio del quotidiano in cambio di affari in Italia, Iran e Kazakistan grazie ai buoni uffici del governo. Bonifazi annuncia querela. L’Unità era spuntata anche nei colloqui tra Romeo e Russo: l’amico dei Renzi propose all’imprenditore l’acquisto della testata, per i pm solo per «compiacere i rappresentanti della cosa pubblica».