Carabinieri e polizia tributaria hanno bussato ieri mattina alla porta di Alfredo Romeo: il tribunale di Roma ne ha disposto la custodia in carcere, a Regina Coeli. E’ accusato di corruzione per il mega appalto Consip, la spa del ministero dell’Economia incaricata dell’acquisto di beni e servizi delle amministrazioni pubbliche. L’arresto si è reso necessario, spiega la procura, perché non sarebbe «in grado di contenere lo stimolo criminale». Nell’inchiesta sono indagati anche molti petali del giglio magico di Matteo Renzi, a cominciare dal padre Tiziano che si professa innocente (traffico di influenze è l’ipotesi di reato), poi l’imprenditore e amico di famiglia Carlo Russo, il ministro dello Sport Luca Lotti (accusato di rivelazione del segreto d’ufficio e favoreggiamento), fino al comandante generale dei Carabinieri Tullio Del Sette e al generale Emanuele Saltalamacchia.
Sono state perquisite abitazioni e uffici di Russo e Italo Bocchino (indagati anche loro per traffico di influenze). Russo e il padre dell’ex premier «sfruttando le relazioni esistenti tra Tiziano Renzi e l’ad di Consip, Luigi Marroni, si facevano promettere somme di denaro mensili come compenso per la loro mediazione verso Marroni» si legge nel decreto di perquisizione a carico di Russo. L’ex parlamentare di An è il braccio destro di Romeo: le intercettazioni ambientali ma, soprattutto, il virus Trojan infiltrato nei cellulari di entrambi hanno portato al disvelamento del «sistema Romeo», già ipotizzato dall’inchiesta Global service della procura di Napoli nel 2008 da cui poi l’imprenditore casertano è stato assolto in Cassazione, dopo due condanne.

Nell’indagine Consip Bocchino (retribuito con 15mila euro al mese) viene definito «consigliere strategico» di Romeo grazie alla sua «capacità di accedere a informazioni riservate grazie al suo trascorso di deputato e membro del Comitato parlamentare sui Servizi segreti». Attraverso Bocchino Romeo avrebbe scoperto di essere indagato già dal settembre 2016. E’ Bocchino che, intercettato nel gennaio 2016, spiega come funzionerebbe il rapporto politica-affari: gli appalti Consip «devono essere gestiti per favorire prevalentemente le cooperative in quanto rappresentano un bacino di voti dal quale poter attingere ed è anche e soprattutto un modo lecito per finanziare il politico di turno». E ancora: «Nelle audizioni il ministro diceva… questo è il motivo per cui non è esplosa Consip, è chiaro che la politica ha il problema del territorio… i mille pulitori sul territorio sono mille persone che danno 5mila euro ciascuno… sono mille persone che fanno un’assunzione ciascuno… sono mille persone che quando voti si chiamano i loro dipendenti… tu i tuoi dipendenti manco sai chi sono». Partecipare agli appalti, a detta degli indagati, «è una competizione criminale a chi corrompe meglio».

Il sistema Romeo si basa su due pilastri: i «prototipatori» e i «facilitatori». Alla prima categoria apparterrebbe il direttore Sourcing Servizi e Utility di Consip, Marco Gasparri: si tratta di un neologismo coniato da Romeo per individuare chi, all’interno della Pa, confeziona bandi di gara ad hoc per favorire un’impresa. Secondo il gip Gaspare Sturzo, Gasparri aveva il ruolo di «prototipatore di bandi Consip al servizio di Romeo». Bocchino invece era «il facilitatore degli interessi illeciti, il lobbista dedicato al traffico illecito di influenze». Gli appoggi politici servivano a «indurre i vertici della Consip ad assecondare le mire degli imprenditori». Se Romeo, Bocchino e Gasparri erano i vertici del sistema, nel mezzo secondo il gip ruotavano le altre pedine, «attivissime nel produrre accordi, veri o falsi, individuare referenti reali o supposti, stabilire tangenti effettive o ipotetiche. Romeo voleva sapere notizie riservate sui bandi in modo da avere un vantaggio competitivo basato sulla propalazione di notizie riservate».

A Gasparri sono stati sequestrati beni per 100mila euro, cioè quanto avrebbe ricevuto da Romeo come compenso dal 2012 al 2016: corruzione per asservimento della funzione è il reato contestato. Romeo, scrive il gip, gli avrebbe proposto «di costruire una comune ipotesi difensiva per impedire il normale corso della giustizia». Racconta Gasparri durante l’interrogatorio: «Tra il 2012 e il 2014 Romeo aveva perso tutte le gare Consip, avvertì così la necessità di avere un soggetto intraneo che con assoluta sistematicità gli fornisse informazioni sia sulle gare sia sulle dinamiche interne». E ancora: «Ho visto l’ultima volta Romeo il 29 novembre 2016. Era sudato e farfugliava, mi disse che gli avevano sequestrato dei foglietti, compreso un foglio dove c’era il mio nome con dei numeri accanto». Dallo scorso dicembre Gasparri ha deciso di collaborare: è lui a raccontare che per incontrare l’ad di Consip, Romeo aveva fatto intervenire «politici ad altissimo livello».