Il Consiglio europeo ha scoperchiato il vaso di Pandora, che lascia fuoriuscire tutti i fumi dei populismi che crescono nella Ue. Sul tavolo del Consiglio europeo, che si conclude oggi a Bruxelles, il compromesso che i paesi membri sono pronti ad accettare per permettere a David Cameron di fare campagna per il Bremain contro il Brexit al referendum che il premier britannico ha convocato sulla spinta euro-fobica dell’estrema destra Ukip, probabilmente il prossimo 23 giugno. Un gioco loser-loser, per Londra come per i 27 partner e Bruxelles. Angela Merkel all’inizio del Consiglio ha relativizzato l’eventuale risultato: comunque, “saranno i cittadini britannici a decidere”. Come ripetere assieme a Madame du Barry di fronte al boia, “encore un moment, Monsieur le bourreau”. David Cameron è sbarcato a Bruxelles con toni marziali: “tratto a muso duro per la Gran Bretagna” e “non accettero’ un accordo che non rispetti i bisogni britannici” ha affermato, pensando a questioni di politica interna. Per Donald Tusk, presidente del Consiglio Ue, “o la va o la spacca” in questa lunga notte a Bruxelles, con molti bilaterali previsti. François Hollande, sibillino, afferma che l’accordo è possibile “perché necessario”, ma il primo ministro belga, Charles Michel si fa interprete di una maggioranza di paesi e afferma che l’accordo è ricercato, “ma non a qualsiasi costo, ci vuole un giusto equilibrio”. Il gruppo S&D sostiene “la permanenza della Gran Bretagna nella Ue, ma senza sacrificare i nostri valori” di eguaglianza tra cittadini. Paradossalmente, l’euroscettica Polonia mette dei paletti per difendere i suoi lavoratori emigrati, malgrado l’asse anti-Europa stabilito con Londra.

Sul tavolo del negoziato, il compromesso messo a punto da Donald Tusk, per “migliorare” l’Unione e permettere a Cameron di fare campagna per l’ “in”, cercando di evitare che le concessioni a Londra spingano altri paesi a chiedere opt out vari, destrutturando sempre più’ la Ue, che deriverebbe verso un’Europa à la carte. C’è l’ “emergency brake”, il “freno di emergenza”, che la Gran Bretagna dovrebbe poter azionare in caso di pressione migratoria “eccezionale”. Le condizioni devono ancora essere chiarite dalla Commissione (lo farà se vince il “si’”), ma potrebbero poi venire invocate da altri. E già Cameron ha fatto piegare la Commissione, che assicura che questa “situazione eccezionale” già esiste in Gran Bretagna. Di cosa si parla? Di fronte all’estrema destra, Cameron vuole dimostrare di “lottare” contro l’immigrazione, anche intra-comunitaria. Vuole ottenere un periodo (ha chiesto 4 anni, potrebbe ottenere 2 anni rinnovabili) durante il quale i lavoratori Ue residenti in Gran Bretagna non hanno accesso al welfare. C’è un po’ più di un milione di comunitari residenti stabili in Gran Bretagna (6-700mila polacchi), secondo il Guardian, ma in realtà meno di 100mila famiglie cadrebbero sotto la nuova norma (gli assegni famigliari dati a chi guadagna meno di 19mila sterline, 14mila per un single) e, per quello che riguarda gli aiuti per i bambini che sono rimasti a vivere nel paese d’origine, pesano solo lo 0,26% sul totale degli assegni famigliari britannici (e lo 0,09% dei crediti d’imposta), ma la propaganda gonfia. La battaglia è tanto più pietosa, che 2 milioni di british sono residenti in altri paesi Ue (Francia in testa).

Il Consiglio è pronto ad accordare a Cameron l’approvazione sulla richiesta di maggiore “competitività” della Ue (che vuol dire, per esempio, firmare trattati di libero scambio come il Ttip). C’è l’accordo di massima sul peso dei parlamenti nazionali: se il 55% dei parlamenti nazionali vota contro una legislazione comunitaria, c’è il blocco. C’è l’intenzione di cedere sul simbolo della “ever closer union” come prospettiva della Ue, da cui Londra sarebbe esplicitamente esclusa. La Bce e la Bundesbank hanno dato il loro accordo sulla pretesa di Cameron di avere voce in capitolo sulle decisioni relative all’euro che possono ledere gli interessi della City. Ma la Francia guida il gruppo che non vuole sentir parlare di “veto” sulle decisioni dell’eurozona.