Ora che la gente può esser intervistata solo tramite videochiamata da casa, salta all’occhio quanto servirebbe un corso accelerato di tecniche di ripresa, luci e inquadratura. Se trasmissioni come Chi l’ha visto o Porta a porta ci hanno abituato a conoscere gli interni del parente dello scomparso o dell’ammazzato, che vanno dal casolare di campagna al salotto con i centrini di pizzo, qui si entra negli studi di giornalisti, professori, politici, esperti, tuttologi e vip vari non adusi a trucco e parrucco, con il risultato che hanno quasi sempre e quasi tutti delle facce tremende. Non è tanto colpa dei portatori di viso, ma di come i suddetti ignorino le basilari astuzie del mettersi in mostra. Ecco alcuni elementari suggerimenti.

Lo sfondo. La maggior parte degli interpellati si piazza davanti a una libreria che dà sempre una bella impressione perché i libri arredano e danno colore. Certo, sarebbe auspicabile che uno li abbia anche letti e capiti, oltre che messi in mostra, ma non formalizziamoci. Oltre a essere più calda rispetto alle piastrelle della cucina, la biblioteca è un ottimo indizio e inizio. Da evitare come la peste quinte con armadi, porte e termosifoni, fanno caserma. Sette più.

L’inquadratura. Dicono le regole del selfie, e quindi della videochiamata, che non bisognerebbe mai guardare in basso, ma verso l’alto per combattere la legge di gravità che tira giù menti, colli, guance e occhiaie. Se avete “una certa” piazzate sto computer su una cassetta, dei libri, quel che volete basta che sia all’altezza dei vostri occhi e non della gola o giù di lì. Tre meno meno.

L’illuminazione. Qui quasi tutti combinano disastri perché si mettono le lampade alle spalle piuttosto che davanti alla faccia trasformandola in un’ombra funerea. Non parliamo di chi sta in un ufficio e ha sulla zucca file di neon. Sembrano usciti da un frigorifero. Due.

I colori. Una truccatrice mi disse, a proposito di autoritratti, che non va mai dimenticato il rossetto. Ho provato e confermo, pitturatevi le labbra e vedrete che differenza. Vale anche per i maschietti. E se qualcuno eccepisce, ditegli: «I tempi sono cambiati. Meglio il rosso che le occhiaie».