Ci vuole calma e pazienza. E lavoro, tanto lavoro. Intanto la preparazione atletica: l’Italia deve reggerli tutti e ottanta quei benedetti minuti di gioco e non franare nel secondo tempo come invece è capitato tante, troppe volte. Poi il livello tecnico, la qualità individuali di un gruppo di giocatori che deve crescere molto anche su questo terreno. Lavoro, calma e impegno, questo il verbo di Conor O’Shea, irlandese di 46 anni con alle spalle una bella carriera da giocatore e un presente da allenatore di primissima qualità: prima alla guida degli London Irish e poi degli Harlequins, con i quali ha vinto una Premiership, il massimo campionato inglese. Sulla panchina dell’Italia è giunto la scorsa primavera, dopo l’addio di Jacques Brunel. In estate il tour nelle Americhe, due test vinti con Canada e Sati Uniti e una sconfitta di misura contro i Pumas. Poi a novembre il gran botto, il successo contro gli Springboks, la vittoria più importante nella storia del rugby italiano. In sala stampa, di fronte a una platea di giornalisti adoranti, O’Shea chiarì: «Perderemo ancora partite, e ne vinceremo altre, abbiamo ancora molto lavoro da fare». Puntualmente una settimana dopo giunse la sconfitta contro Tonga a Brescia. E tuttavia nessuno si lasciò andare allo sconforto, e nemmeno alle solite amare considerazioni su un’Italia capace al più di brillare una volta sola per poi spegnersi e sprofondare nella mediocrità.
L’irlandese piace e ha conquistato tutti: giocatori, stampa, addetti ai lavori. Lo hanno soprannominato «il redentore» perché deve salvare il rugby italiano dalla dannazione di non crescere mai, di collezionare amare sconfitte solo saltuariamente interrotte da exploit privi di prospettiva, di bruciare uno dopo l’altro allenatori la cui permanenza massima non va oltre il quadriennio contrattuale: arrivano pieni di speranze, se ne vanno delusi e a volte anche un po’ disgustati. Chissà se ce la farà, l’uomo di Limerick, se riuscirà a scansare i pericoli e porterà davvero aria nuova. Intanto ha voluto ricucire i legami con le disastrate franchigie (Treviso e Zebre), ha pescato nuove forze nel campionato di Eccellenza (16 esordienti rispetto all’ultimo Sei Nazioni), si è circondato di uomini di valore: Mike Catt (attacco e qualità tecniche), Brendan Venter (difesa), Stephan Aboud (tutto il settore della formazione) e infine Giampiero De Carli (pacchetto di mischia). Un ottimo gruppo di lavoro per una squadra chiamata a dimostrare da subito i segni della svolta. (p.fr.)