Paradossi del calcio: mentre l’Italia non si è nemmeno qualificata a Russia 2018, la Padania rischia di vincere la Coppa del Mondo CONIFA. Acronimo che sta per Confederazione delle associazioni calcistiche dei territori non riconosciuti e non indipendenti, delle micronazioni, delle minoranze etniche e dei popoli senza Stato, tutti rigorosamente con federazioni che non rientrano nell’alveo della FIFA, il chiacchieratissimo e potentissimo governo del calcio mondiale. Dal 2014 i “paesi che non ci sono” hanno la loro competizione iridata, che quest’anno si svolge in Inghilterra. Temiamo che il Matteo Salvini in versione “Italia agli Italiani” non seguirà con troppa attenzione le sorti della nazionale di verde vestita. In passato, non abbiamo dubbi, avrebbe rivendicato con la sua consueta dose industriale di enfasi questo corto circuito pallonaro, esibendosi in ogni dove con una bella felpa o maglietta a tema. Sic transit gloria mundi, povera Padania, ormai dimenticata dai più – di certo dal nuovo stato maggiore della Lega non più Nord – ma che forse mentre stiamo andando in stampa si trova a un passo dal successo nel mondiale dei “non allineati”. D’altronde si presenta in terra d’Albione forte di due titoli di Campione europea del CONIFA dopo le affermazioni dello scorso anno in quel di Cipro del Nord e del 2015 in Ungheria. Va detto che la dirigenza del team assicura che sì, la genesi era di chiara matrice leghista, tuttavia adesso i legami con la politica sono stati recisi del tutto e si pensa solo a prendere a calci un pallone. Sarà.

Il torneo, iniziato il 31 maggio, termina il 9 giugno e annovera tra i favoriti anche i campioni uscenti dell’Abkhazia. Ossia gli unici insieme alla Padania ad aver preso parte a tutte e tre le edizioni, e tra le realtà che più si avvicinano alle sembianze di un paese vero e proprio – formalmente è rivendicato dalla Georgia, ma nella realtà è indipendente, sebbene in orbita russa.

La CONIFA è in fase di continua espansione, conta 49 membri, tanto che dopo una prima edizione (2014, nella Lapponia svedese) a inviti, sono stati necessari dei gironi di qualificazione per scremare il lotto alle 16 finaliste – nota bene, lo stesso numero dei “veri” mondiali fino al 1978, prima della deriva commerciale che ha portato agli eccessi bulimici delle 32 squadre attuali. In precedenza esisteva un’altra federazione dei “paria” del calcio, la NF Board, con tornei disputati a cadenza annuale dal 2006 al 2012 e in cui la Padania – forte di alcuni professionisti, da Ganz ai fratelli Cossato – fece un figurone, vincendo tre edizioni.

A contendersi il trofeo della CONIFA nella suburbia londinese si schierano ai nastri di partenza squadre più facilmente “riconoscibili” dal grande pubblico, quali i Coreani Uniti del Giappone, Cipro del Nord, Tibet e Armenia Occidentale, ma anche alcuni team che rappresentano entità quasi del tutto sconosciute – Barawa, regione somala, oppure Ellan Vannin, il nome in lingua locale dell’Isola di Man, o ancora la Cascadia, l’ipotetica Repubblica del Pacifico composta dallo stato canadese del British Columbia e da quelli a stelle e strisce dell’Oregon e di Washington. Certo, gli scenari non sono i prestigiosi Wembley o Emirates Stadium, ma piccoli impianti di compagini dilettantistiche con capienze limitate, in alcuni casi non superiori alle 2mila unità, che rispondono ai nomi di Sutton United, Bromley e Enfield Town. Il prezzo dei biglietti è molto abbordabile, non si va oltre le 11 sterline (13 euro), però il tutto si svolge con l’ormai immancabile benedizione (e il denaro) della casa di scommesse irlandese Paddy Power, la quale sul suo account Facebook trasmette in diretta tutte le partite.

Pleonastico sottolineare che di emuli di Messi e Ronaldo dalle parti di Londra non se ne vedranno, sebbene nella sfilata di dilettanti in campo e in panchina, supponiamo ispirati da tanto spirito decubertiano, qualche nome noto c’è. Per esempio il Matabeleland, regione dello Zimbabwe, annovera come preparatore dei portieri l’ex gloria locale e famoso portiere del Liverpool Bruce Grobbelaar. Poi c’è il padano Marius Stankevicius, difensore che ora milita nel club di Serie D del Crema, ma che in passato ha collezionato ben 113 presenze in Serie A. Stankevicius in realtà è lituano, ma “elegibile” per “senso di appartenzenza al territorio”, come spiega il capitano Stefano Tignonsini. Discorso analogo per l’unico giocatore di un club professionistico (Giana Erminio, Serie C), il ghanese nato a Caserta Gullit Asante Okyere. Gullit non è il primo nero a vestire i colori della Padania – che in realtà non è il verde, ma il bianco e rosso – visto che nel 2014 e 2015 è stato in rosa addirittura il fratello di Mario Balotelli, Enoch. Forse allora è vero che i fasti dell’ampolla piena di acqua del Po di bossiana memoria e delle adunate di Pontida al grido di “Padania Libera” sono davvero passati…