Il primo giorno del congresso della Funzione pubblica Cgil a Perugia si apre con un primo saluto a Susanna Camusso, che lascia dopo 8 anni la guida della più grande organizzazione sociale in Italia. Con l’augurio che il 5 dicembre possa diventare segretaria del sindacato mondiale al congresso di Copenhagen dell’Ituc.

Dopo il flash mob per i sindacalisti turchi in carcere, arriva un fumetto di Makkox come regalo di Serena Sorrentino e dei 530 delegati con una Susanna che impara da bambina leggendo Mafalda, il suo personaggio preferito, come difendere i deboli.
E così una Camusso emozionata prende la parola con la battuta: «L’avete fatto perché così parlerò poco». Ma subito dopo ritorna col piglio conosciuto a ribadire le critiche al governo giallo-verde: «Un governo della paura, un governo “del popolo” contro il popolo, che dà ragione sempre ai forti e non ai deboli, che sono sempre di più». Unica apertura è quella sulla probabile convocazione del presidente del Consiglio Conte sulla manovra, probabilmente il 10 dicembre: «Sarebbe una cosa giusta».

In una Cgil in cui il clima di unità – «delle ragioni collettive», le chiama Camusso – sembra tornato, dopo le divisioni degli ultimi direttivi, si cerca di ripartire dai contenuti. Dal documento congressuale “Il lavoro è” che ha avuto il 97 per cento dei voti. E dai pontieri che cercano di costruire una nuova segreteria confederale in cui confermare Vincenzo Colla, candidato ancora non esplicitato in alternativa a Maurizio Landini, anche ieri applauditissimo.

A guidare la Fp Cgil c’è quella giovane Serena Sorrentino che Camusso inizialmente aveva individuato come sua erede. E che ieri ha fatto un solo riferimento molto indiretto al tema: «Ciò che conta è il destino della Cgil, non il proprio destino di dirigente sindacale. L’organizzazione, la collegialità è sempre la soluzione: facciamo parte di una Cgil, per tutti e di tutti. Dobbiamo lavorare per essere unitari, sperimentare per innovare, allargare la partecipazione, ricordando che la prospettiva di riscatto parte sempre dagli ultimi».

Nella sua relazione anche Sorrentino ha lungamente attaccato il governo. «Quando l’ineffabile duo di vicepremier dice di agire in nome del popolo porta la disintermediazione nel populismo». A Di Maio Sorrentino dice: «Nei centri per l’impiego ci aspettiamo non mille assunzioni ma 10 mila assunzioni e non per l’implementazione del reddito di cittadinanza ma perché pilastro dello sviluppo». A Salvini chiede «di ritirare il decreto Sicurezza perché tra i migranti chi esce dagli Sprar al 70 per cento si integra». Al ministro della Salute Grillo «che nel giorno dello sciopero dei medici, da medico qual è, ha sostenuto che il contratto, anche il suo, fosse stato rinnovato ma non lo era, chiediamo che si faccia consegnare dalle Asl i fabbisogni di personale per un piano di assunzioni». Al ministro Bongiorno – in un lapsus confusa con Brunetta – critica l’idea di una riforma della Pa come «tutti dentro Mission impossible, annunciata due giorni dopo averci ricevuto senza parlarcene».

E conclude con un auspicio: «Serve un nuovo paradigma perché il welfare non è un costo né un privilegio ma un investimento e le imprese lo hanno capito».