Si avvicinano le sospirate elezioni presidenziali (23 dicembre) nella Repubblica democratica del Congo. Dalla città orientale di Beni e con un appello affinché venga decretato lo «stato di emergenza agricola» nel paese è iniziata la campagna di Martin Fayulu, candidato “unico” dell’opposizione.

In realtà gli sfidanti del delfino indicato dal presidente uscente Kabila, l’ex ministro dell’Interno, Emmanuel Ramazani Shadary, sono una ventina; tra questi spicca Felix Tshisekedi, leader dell’Unione per la democrazia e il progresso sociale (Udps), che ha respinto la scelta delle opposizioni caduta su Fayulu e ha deciso di mettersi in proprio, appoggiato dall’ex presidente dell’Assemblea nazionale e leader dell’Unione per la nazione congolese (Unc), Vital Kamerhe, che ha ritirato la sua candidatura.

La lotta alla fame insieme all’educazione, i primi due punti del programma di Fayulu, sono secondo lui «la chiave per mettere fine alla corruzione».

Nelle ore precedenti al suo comizio nella regione di Beni diciassette persone erano state uccise in due attacchi condotti dai ribelli delle Forze democratiche alleate (Adf). Il sindaco della località di Paida, Nyonyi Masumbuko Bwanakana, riferisce ai media locali che cinque civili sono stati uccisi nella zona, aggiungendosi a dodici altri morti registrati a Mangolikene, periferia di Beni.

Ieri intanto le rivelazioni contenute nei cosiddetti Congo Files sull’assassinio, avvenuto nel 2017 nel Kasai, di due esperti Onu, Zaida Catalan et Michael Sharp, hanno portato all’arresto del colonnello Jean De Dieu Mambweni.