«L[/ACM_2]a situazione in Venezuela non è molto lontana da quella che portò al rovesciamento di Salvador Allende nel Cile del 1973». Così si è espresso il giornalista Maurice Lemoine, firma storica di Le Monde diplomatique, al Forum internazionale Congiura mediatica contro il Venezuela che si sta tenendo a Caracas. Un’iniziativa per denunciare «l’aggressione senza precedenti» subita dal governo socialista, ma anche per riflettere sui limiti, gli eccessi o gli errori del sistema di comunicazione bolivariano.

Prima con Chavez e poi con Maduro, gli allarmi lanciati dalla leadership bolivariana circa ingerenze e piani di golpe s’infrangono nel ventre molle dei grandi media, che tuonano contro un sistema «paranoico e fallimentare». Basta gettare uno sguardo alle edicole, per vedere la realtà di un «latifondo mediatico» ancora in mano al settore privato. Eppure, nonostante 15 anni di consenso, sancito da innumerevoli elezioni, quello chavista resta per i media «un regime dittatoriale».

E persino certi sindaci di opposizione che lanciano molotov con un passamontagna in testa diventano «pacifici manifestanti» perseguitati da un «regime» che non ammette dissenso. Al Forum ha partecipato anche il generale Vladimir Padrino Lopez, che persegue i responsabili della «guerra economica». L’ultimo ritrovamento nello stato di Portuguesa: 20 tonnellate di riso sottratte al mercato interno e destinato al contrabbando. Per nasconderle, una nuova tecnica: sotterrarle dopo averle coperte con materiale isolante. Per domani, un sindacato corporativo dei trasporti, gestito dall’opposizione, ha annunciato uno sciopero a oltranza nel Tachira, che pur governato a sinistra, contiene alcuni bastioni di opposizione, da cui sono partite le proteste violente.

Il governo ha recentemente denunciato una trama eversiva dell’estrema destra locale intrecciata alle proteste violente dell’opposizione, in corso dallo scorso 12 febbraio. Finora i morti sono 42 i feriti 873. La Procura generale ha emesso alcuni ordini di comparizione per figure politiche, imprenditori e diplomatici. Fra questi, la ex deputata Maria Corina Machado, che ha respingo le accuse, ma ha dichiarato che si presenterà a giudizio. «Non vede l’ora di farsi arrestare per confermare il suo ruolo di vittima perseguitata dal regime», ha dichiarato giorni fa il presidente dell’Assemblea Diosdado Cabello.

Dopo le elezioni comunali dell’8 dicembre scorso, che l’opposizione avrebbe voluto trasformare in un plebiscito contro il chavismo e che invece si sono concluse con una innegabile disfatta, nella Mesa de la unidad democratica (Mud) si è aperto uno scontro per la leadership. L’ala oltranzista, capitanata da Leopoldo Lopez, Maria Corina Machado e dal sindaco della Gran Caracas Antonio Ledezma, ha cercato di prendere il sopravvento, lasciando di lato il contestato (e perdente) Henrique Capriles Radonski. I 4 hanno lanciato la campagna per la cacciata di Maduro dal governo, con violenze che hanno portato in carcere Lopez come mandante. Il tribunale ha deciso che dovrà aspettare il processo (forse ad agosto) dietro le sbarre.

Machado e i suoi hanno convocato per oggi una manifestazione a Chacaito. E a New York è comparso Carlos Vecchio, il numero due del partito di Lopez (Voluntad popular), ricercato per le violenze e dichiaratosi «perseguitato politico». Oggi, la maggioranza dei venezuelani risponderà celebrando la Festa dell’ambiente, mentre sta cominciando la discussione sulla nuova legge sul primo impiego: «lontana – ha detto Maduro – dalla concezione capitalista che considera i giovani e le giovani schiavi del precariato».