Continua a salire il bilancio dei contagiati e dei morti legati alla diffusione del Covid-19 in India. Il ministero della sanità ieri ha confermato che quasi 2600 persone hanno sicuramente contratto il virus, con 62 morti e 162 guariti accertati. Non smetteremo di sottolinearlo: si tratta di numeri che non solo non rispecchiano l’effettiva diffusione del virus, ma sono praticamente inservibili per qualsiasi valutazione statistica.

Il problema è sempre il campione, irrisorio se rapportato alla popolazione indiana. Il gruppo India Today, con un’infografica molto condivisa sui social network, ha fotografato la distanza che divide l’India dal resto del mondo in termini di monitoraggio del contagio, indicando la quantità di tamponi effettuati per milioni di abitanti. In Italia (60 milioni di abitanti) secondo India Today siamo a 8.379 test per milione di abitanti; in India (1,3 miliardi, arrotondati per difetto), 32.

La gestione dell’esodo interno di milioni di lavoratori migranti rientrati nei loro stati di provenienza è stata disastrosa. Senza rispettare alcuna norma di distanza, le autorità hanno incoraggiato l’organizzazione di veri e propri carri bestiame: da giorni girano video con migliaia di persone ammassate nelle stazioni degli autobus e addirittura uno in cui un gruppo di lavoratori, seduto a terra, viene «disinfettato» con degli idranti dedicati in origine alla sterilizzazione dei sedili degli autobus.

Negli ultimi giorni ha preso anche piede una narrazione palesemente demonizzatrice nei confronti dell’organizzazione musulmana Tablighi Jamaat, «colpevole» di aver tenuto l’annuale raduno dei fedeli lo scorso 16 marzo presso la moschea di Nizamuddin, a New Delhi. Con migliaia di partecipanti provenienti anche dall’estero, i vertici della branca indiana di Tablighi Jamaat sono accusati dalla stampa vicina al governo di aver creato a bella posta le condizioni per un enorme focolaio di Covid-19. In realtà, il raduno si è tenuto più di una settimana prima del 25 marzo, primo giorno del lockdown indiano.

Più sparute le critiche ai microraduni hindu organizzati all’inizio di aprile per la festività di Ram Navami. Ieri il ministero degli interni ha cercato di correre ai ripari, stanziando quasi 1,5 miliardi di euro per la creazione di hotspot diagnostici e strutture per mettere in quarantena i contagiati in tutto il paese. E sempre ieri il primo ministro Narendra Modi ha invitato l’intera popolazione indiana a spegnere tutte le luci di casa il prossimo cinque aprile alle nove di sera, tenendo accesa una candela o una torcia dello smartphone per abitazione per nove minuti.

Gesto collettivo per marcare la battaglia che il paese sta combattendo contro il virus ed ennesima distrazione di massa in un paese che appare assolutamente impreparato di fronte alla sfida Coronavirus.