«È un punto di partenza meramente algebrico». «È un buon testo ma va corretto». «È il papello che prova l’inciucio». Ieri pomeriggio in una camera dei deputati semivuota è cominciata la discussione generale della legge sul conflitto di interessi.

Il primo giudizio – la sintesi «algebrica» – è del relatore del provvedimento, atteso da vent’anni e rinviato venti mesi anche in questa legislatura. Il relatore è il forzista Sisto, berlusconiano ormai intiepidito (sta col capo delle fronda, Fitto). Il testo che approda in aula l’ha scritto lui, ma l’ha fatto solo «per servizio», perché malgrado sia un testo blando che non prevede il blind trust e introduce sanzioni solo eventuali, è comunque troppo rispetto all’evanescente legge Frattini (che festeggia dieci anni di inefficacia). Limitare i governanti che controllano patrimoni o attività rilevanti, secondo Sisto, finirebbe col «devitalizzare la politica».

Il secondo commento alla proposta di legge – «va bene, ma va cambiata» – timidamente difensivo, è del democratico Francesco Sanna, il primo a sapere che approvare un buon testo sul conflitto di interessi in vigenza del patto del Nazareno è più impossibile che difficile. L’idillio tra Renzi e Berlusconi domina tutto, verosimilmente anche oltre le reali preoccupazioni personali del Cavaliere, che più che a lui deve pensare ai suoi successori dinastici.

Il terzo giudizio, la drastica stroncatura, l’«inciucio», è del Movimento 5 Stelle, che considera il testo base proposto da Sisto praticamente una «Frattini-bis». Eppure i deputati grillini stavolta non scatenano l’ostruzionismo per affossare la proposta. Anzi, sono stati gli unici a non presentare emendamenti in commissione, volendo la legge in aula. È stata la loro insistenza a costringere il Pd ad affrontare un argomento assai scomodo – ancora di più con le riforme costituzionali e la nuova legge elettorale in ballo – e hanno capito che la tentazione comune ai «pattisti» è quella di rimandare tutto in commissione. Rinviare. E così la strada della legge è più sbarrata che in salita, malgrado tanto Sel che il democratico di minoranza Civati facciano saggiamente notare come il conflitto di interessi dovrebbe precedere la revisione costituzionale (argomento che sopravvive sotto la cenere delle audizioni in commissione e tornerà di attualità dopo la sessione di bilancio).

E il governo? A fine serata prende per la prima volta la parola il sottosegretario Scalfarotto, lo fa per annunciare che si tratta di una legge «importante». Niente impegni, se non che l’esecutivo seguirà il dibattito «con l’abituale rispetto del parlamento». Potrebbe essere una minaccia, ma in questo caso è solo la garanzia che Renzi guarderà dall’altra parte.