Un altro evento che segna il mai sopito problema interno numero due della Cina. Al primo posto c’è infatti il Tibet, più noto in Occidente anche grazie alla popolarità del Dalai Lama. Al secondo posto però si staglia nettamente la regione autonoma del Xinjiang, un tempo abitata in prevalenza dagli uiguri, minoranza etnica cinese di matrice turcofona e musulmana. L’episodio che avrebbe portato alla morte di ventuno persone ha ancora contorni poco chiari, anche perché ad ora solo i media cinesi hanno riportato il caso.

Stando a quanto scritto dall’agenzia Xinhua, un gruppo di poliziotti stava compiendo una normale operazione di controllo, nei pressi di Kashgar, l’antica capitale morale dell’Islam. La loro attenzione si sarebbe rivolta ad una casa dove si sospettava vivessero persone considerate vicine ad ambienti terroristici. Una di queste avrebbe allertato altri uomini che avrebbero attaccato i poliziotti finendo poi per dare fuoco all’intero palazzo.
Sei degli «aggressori» sarebbero stati uccisi sul posto, otto invece sarebbero stati arrestati. «Erano in corso dei regolari controlli, come tanti ne avvengono, ma l’azione dei rivoltosi è stata pianificata e ben preparata», ha detto Hou Hanmin la portavoce del governo del Xinjiang che ha parlato del ritrovamento di coltelli ed asce nella «casa sospetta». «Si tratta certamente di un attacco terroristico», ha specificato.

Dilxat Raxit, portavoce del Congresso mondiale degli uiguri in esilio, ha dichiarato invece che la violenza sarebbe stata innescata da un colpo di arma da fuoco (solo uno dei poliziotti avrebbe avuto la pistola, stando alle cronache cinesi) ««del personale armato cinese» che avrebbe ucciso un giovane uiguro. «Per sopprimere la lotta degli uiguri, la Cina sembra disposta a praticare anche fucilazioni arbitrarie» ha specificato Raxit alla Reuters.

Secondo il portavoce del Congresso mondiale degli uiguri «la repressione si è intensificata nella zona intorno a Kashgar, con un numero imprecisato di detenuti uiguri», negando però che coloro che sono stati coinvolti negli scontri facessero parte di un gruppo organizzato e respingendo le accuse del governo di Pechino di «terrorismo». Secondo altri funzionari cinesi, invece, l’attentato sarebbe terroristico e – anzi – confermerebbe il collegamento esistente tra Xinjiang e «militanti islamici addestrati in Pakistan».

In attesa di delucidazioni sull’intera dinamica dei fatti, l’evento conferma il clima di tensione che si vive nello Xinjiang, regione strategicamente importante per la Cina (confina con altri sette paesi altrettanto rilevanti, tra cui India, Russia, Afghanistan, Pakistan e Mongolia) e da tempo al centro di conflitti di matrice etnica tra gli uiguri e forze di polizia e abitanti han della regione.