OOOOOOOO, progetto del coreografo marchigiano Giulio D’Anna vincitore del premio Anticorpi XL CollaboraAction 2013, è rinato con un nuovo cast per la Fattoria Vittadini di Milano. Lo spettacolo è in scena fino a domani alla Triennale Teatro dell’Arte per la stagione del CRT. Forte di studi nelle tecniche pratiche e compositive della danza – è laureato in coreografia al SNDO, Scuola per lo Sviluppo della Nuova Danza di Amsterdam -, e vincitore del Premio Danza&Danza 2012 come coreografo emergente, D’Anna lavora tra Italia e Olanda: è con un cast internazionale di otto giovani performer che OOOOOOOO ha avuto il suo primo, felice, debutto nel 2013.

Il progetto si ispira al «Museo delle relazioni interrotte» di Zagabria ed ha come tema i rapporti falliti e, in generale, il racconto senza veli del sé. Confessioni dei propri smacchi e desideri, innamoramenti e fughe, riflessioni su cosa vuol dire oggi essere un danzatore e vivere giovinezza e aspirazioni nel mondo che conosciamo. Fattoria Vittadini è un ottimo giovane gruppo milanese che dal 2009 cresce confrontandosi con i linguaggi molteplici della coreografia di oggi. Sono in sette a mettersi a nudo in OOOOOOO (IT): una O per ogni danzatore, perché nel progetto di Giulio D’Anna tutto è riscritto, basandosi lo spettacolo sulla vita e i curricula reali dei performer.

La scena è spoglia: un pianoforte verticale sulla destra, frasi scritte sulla parete di sfondo, in alto sulla sinistra, che ribadiscono le confessioni dei danzatori. I sette, in biancheria intima, cantano la loro storia intrecciandola a vecchi hit come Feelings di Morris Albert. Le parole ci dicono delle scelte sessuali dei sette, di quanti di loro hanno genitori separati, di dove vivono e lavorano, di quanto l’Italia sia amata ma ci costringa ad abbondonarla, dei lutti che i protagonisti hanno superato, degli amori finiti, della loro visione della coppia: viviamo in un paese – ricordano – dove il matrimonio omosessuale non è consentito.

Le parole sono intrecciate a amorosi duetti di contatto, pezzi di insieme ironico-sentimentali, assoli tragici. Il tutto ha un suo perché, ma la tenuta è fragile. Troppi i discorsi lunghi, che per reggere e tenere chi osserva sulla breccia, vorrebbero una presenza attoriale più potente unita a una stringatezza più incisiva nelle dichiarazioni e nella modalità di presentazione. L’autobiografia ha invece presa quando si trasforma in surreale visione di gruppo, con la voce che diventa ritmo vivace, al di là delle parole, dando anima collettiva al movimento. Un elemento compositivo del lavoro su cui la versione italiana del lavoro deve spingersi di più.