Il Tribunale di Torino ha condannato sedici attivisti del movimento No Tav a oltre trenta anni di carcere. Tre, invece, sono stati assolti dall’accusa di resistenza aggravata, lesioni, lancio di artifizi pirotecnici e materiale esplodente. Le condanne vanno dai 4 mesi ai 3 anni e 10 mesi. Pene pesanti ma largamente attese dal movimento, che percepisce da qualche mese un acuirsi della pressione giudiziaria. I fatti risalgono al luglio del 2015, quando in occasione del quarto anniversario dello sgombero della «Libera repubblica della Maddalena» si svolse una manifestazione di massa.

In una torrida giornata d’estate oltre trentamila persone, in arrivo da tutta Italia, partirono dal forte di Exilles, e dopo aver percorso diversi chilometri lungo la statale della val Susa raggiunsero il margine del cantiere di Chiomonte. Un gruppo discese verso le recinzioni esterne, distanti un paio di chilometri dal tunnel geognostico in costruzione, che vennero arpionate e fatte cadere. Lancio di petardi e lacrimogeni, gli scontri durarono qualche minuto al mattino, e l’apice si ebbe nel pomeriggio quando circa duecento manifestanti raggiunsero il confine esterno del cantiere, presidiato da ingenti forze di polizia.

Per quei fatti il giudice Antonio Rinaudo, ormai prossimo alla pensione, aveva domandato pene per oltre settanta anni di carcere. Il giudice Diamente Minnucci ha dimezzato l’ammontare delle richieste di condanna: Nicoletta Dosio, 73 anni, fondatrice con pochi altri del movimento No Tav negli anni ottanta, nonché del liceo Norberto Rosa di Bussoleno, è stata condannata a 1 anno e 8 mesi.

LA PROSSIMA SETTIMANA vi sarà una nuova tornata di sentenze – secondo grado – inerenti le denunce della manifestazione «oggi paga Monti», quando nel 2012 alcuni attivisti per protesta alzarono le sbarre dei caselli dell’autostrada del Frejus, facendo transitare gratis gli automobilisti.

Durante la conferenza stampa di ieri mattina, successiva alla lettura delle sentenze, alcuni esponenti del movimento No Tav hanno annunciato che il 20 ottobre in val Susa vi sarà una iniziativa pubblica. La prima del tempo politico leghista pentastellato. Gli animi in val Susa sono quindi nuovamente accesi in virtù della latitanza del governo e di una nuova ondata di restrizioni: oltre un centinaio di denunce in procura, una ventina di fogli di via, sedici avvisi orali, tutto in due mesi.

«È un attacco preciso contro di noi del movimento No Tav quello portato avanti nelle ultime settimane dalla questura e dalla prefettura di Torino»: queste le parole degli attivisti pronunciate durante la conferenza stampa di ieri sotto la Prefettura.

«LE RESPONSABILITÀ penali per quello che facciamo o non facciamo – hanno poi aggiunto – dovrebbero essere individuali. Tutti questi provvedimenti, presi ’a pioggia’ in assenza di accuse specifiche, dimostrano però che siamo bersagliati per quello che siamo, per il solo fatto di essere No Tav. L’ultimo atto, davvero emblematico, è stata la revoca della patente a un simpatizzante per ’indegnità morale’». Secondo il movimento No Tav vi sarebbe una manovra per forzare la mano del potere politico, chiamato nelle prossime settimane a prendere una decisione definitiva sulle sorti del tunnel di base: «Non siamo qui a piangere per fogli di via, denunce e condanne. Abbiamo dimostrato in questi anni che sappiamo che quando infrangiamo la legge lo facciamo consapevolmente. Qui invece ci troviamo in una situazione paradossale: procura, questura e prefettura si sono sostituti a chi dovrebbe decidere se e come fare questa opera».

MA DA ROMA non giunge alcun segnale: sarebbe in corso la «valutazione costi benefici», che entro fine mese dovrebbe giungere a conclusione.
Chi dovrà decidere, il governo, è quindi oggetto in questi giorni di una fitta corrispondenza. La scorsa settimana il presidente del Piemonte Chiamparino, probabilmente stufo del silenzio del ministro Toninelli, ha scritto direttamente al primo ministro Giuseppe Conte. Nella missiva il governatore piemontese domanda «certezze per le grandi opere del Piemonte». Anche il premier, che probabilmente sa solo che i suoi due padri politici hanno idee opposte sulla Torino-Lione, al momento non ha ancora risposto.

Certezze chiedono anche i No Tav, che dopo la «Conferenza dei territori contro le opere inutili», organizzata a Firenze lo scorso fine settimana, hanno inviato al ministro delle infrastrutture, e per conoscenza anche a buona parte dell’esecutivo, una lettera aperta in cui chiedono «al governo del cambiamento di mantenere fede agli impegni elettorali e bloccare le decisioni sfasciste del passato» nonché «un segno di cambiamento rispetto la rotta finora tenuta».