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L’indomabile Jafar Panahi

Dovrà scontare una pena detentiva di sei anni il regista e oppositore iraniano Jafar Panahi, arrestato l’11 luglio scorso dopo essersi recato alla Procura di Teheran per avere aggiornamenti sul caso di altri due registi, Mohammad Rasoulof e Mostafa al-Ahmad, detenuti da alcuni giorni. Dovrà scontare una condanna per «propaganda contro il regime», dopo aver sostenuto il movimento di protesta del 2009 contro la rielezione dell’ultraconservatore Mahmoud Ahmadinejad a presidente della Repubblica islamica. La condanna gli era stata inflitta nel 2010 ma il regista era stato detenuto solo per due mesi, godendo poi del regime di semilibertà condizionale. Parallelamente gli era anche stato imposto il divieto di dirigere o scrivere film, viaggiare o addirittura parlare ai media fino al 2030.

COSÌ NON È STATO, le autorità iraniane hanno chiuso un occhio e sono usciti nel frattempo Closed Curtains (2013) premio della sceneggiatura alla Berlinale e Taxi Tehran (2015), Orso d’oro. Una tolleranza che però si è conclusa nove giorni fa presso l’ufficio del procuratore della capitale. L’arresto dei tre registi ha suscitato clamore in Europa: gli organizzatori dei festival di Berlino e Cannes hanno infatti condannato le azioni degli ayatollah contro la libertà di espressione. Negli ultimi tempi la repressione contro il dissenso in Iran si è manifestata con numerosi arresti anche nei confronti di figure politiche, come l’esponente del movimento riformista Mostafa Tajzadeh, fermato l’8 luglio a Teheran. Tajzadeh è attualmente in custodia cautelare ed è stato accusato tra l’altro di propaganda contro la Repubblica islamica.
Panahi, che nel 2000 ha vinto il Leone d’Oro a Venezia con Il cerchio, dovrebbe aver terminato un nuovo film che forse potrebbe essere presentato proprio in Laguna quest’anno.