Due docenti abilitati su tre aventi diritto che parteciperanno da oggi fino al 31 maggio al nuovo concorso della scuola non avranno un posto di lavoro. È con questa certezza che 165.578 prof si giocheranno anni di lavoro sulla roulette della selezione per 63.712 posti messi in palio dalla «Buona scuola» di Renzi.

Oggi le prove per storia dell’arte, liuteria, scienze, tecnologie e tecniche agrarie, scienze e tecnologie nautiche inizieranno nel caos. Già oggi si sa che due o tremila dei 63 mila posti disponibili non saranno assegnati a causa della mancanza dei candidati abilitati per le materie bandite. Ad esempio per la matematica alle medie, per la musica e gli insegnamenti laboratoriali. Mancano inoltre le commissioni giudicatrici in molte delle 2500 sedi d’esame. I docenti non si sono candidati perché avrebbero ricevuto la miseria di un euro per ogni compito corretto.

Il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini aveva promesso di intervenire ma, a 24 ore dall’inizio delle prove, ieri nessuno aveva notizia dell’emendamento che doveva raddoppiare gli importi. Sul tavolo ci sono solo dichiarazioni del sottosegretario Davide Faraone secondo il quale i commissari guadagneranno in media 700 euro fino a 4 mila. Il doppio di quanto percepito nel «concorsone» del 2012. Ma le prove, ancora, non ci sono.

La lista delle anomalie e degli errori di un concorso organizzato in fretta e furia, per motivi elettorali, è lunga. Oltre all’esclusione di 100 mila docenti, già abilitati all’insegnamento, che resteranno in purgatorio fino alla prossima prova del 2019 quando saranno assunti con il contratto di apprendistato, in deroga a quello di categoria, il coordinamento nazionale dei docenti abilitati con i «tirocini formativi attivi» (Tfa) segnala le rettifiche pubblicate dagli uffici scolastici regionali a partire dal 16 aprile. «L’iniziale suddivisione dei candidati per età non rispettava il criterio alfabetico indicato nel bando».

Risultato: i docenti che avevano prenotato alberghi e viaggi per partecipare alla prova nella regione dov’è previsto il loro insegnamento sono stati costretti a cambiare prenotazione. A questo si aggiunge la mancanza di griglie trasparenti e nazionali di valutazione delle prove scritte, oltre ai criteri di valutazione dei titoli. Ad esempio, sono stati attribuiti cinque punti per un qualsiasi dottorato di ricerca e solo 0,7 per anno di insegnamento. Si crea così la situazione paradossale per cui si premia chi ha esperienza di ricerca e non chi invece si è dedicato al mestiere dell’insegnante.

Mancano riferimenti attendibili sui quesiti e sulla quantità delle battute da scrivere nelle prove computer-based. Senza contare che resta ancora innestata la mina dei ricorsi di decine di migliaia di esclusi dal concorso, in maggioranza neo-laureati senza abilitazione. Il Tar del Lazio ha rimesso il bando nelle mani dei giudici della Corte Costituzionale.

Il prossimo 17 maggio la corte di Costituzionale si pronuncerà sulla sentenza europea che ha condannato l’Italia per abuso di contratti a tempo determinato nella scuola. Se la recepirà il governo sarà costretto a riformare le graduatorie e ad assumere gli esclusi che hanno 36 mesi di servizio. Il governo ha accettato questo rischio e stanzierà fondi pubblici per pagare la valanga di ricorsi in arrivo. Piuttosto che assumere chi ne ha diritto, ha stanziato 10 milioni di euro per il 2015 e il 2016.

Con la legge 107 Renzi ha stabilito che non saranno più stipulati contratti oltre i 36 mesi. Con questa doppia mossa ha precipitato un popolo di prof, età media 38,6 anni, in un purgatorio dove resteranno invisibili per tre anni.