Intonazione un po’ esitante nell’attacco e falsetto flebile, ma poi la voce esplode nel ritornello che sembra un incrocio fra gli Abba e qualche pompatissimo auto tune in puro beat Avicii. E così – diciamo come da previsioni, Conchita Wurst, la barbuta drag queen austriaca con la sua «araba fenice» dal trip Studio 54, ha sbancato l’Eurofestival sabato notte, portandosi dietro però una sequenza infinita di polemiche.

Accolta come una madonna in patria, con tanto di benedizione da parte del presidente Heinz Fischer per una vittoria che mai aveva visto trionfare nessun artista proveniente dall’ex culla dell’impero al festival del kitsch per antonomasia, l’acclamazione di Conchita ha suscitato oltre cortina un vespaio di dichiarazioni e insulti.

Il problema è che essere artisti transessuali non è ancora una condizione accettata nel resto d’Europa. Figurarsi nella Russia anti-gay di Putin che nel trionfo in puro stile camp di Copenaghen, ha visto un attacco diretto verso il paese – oltretutto la nazione più di ogni altra supporter dell’Eurocontest con un’audience impressionante. Anzi, l’attacco era stato preventivo, con petizioni a raffica per impedire la partecipazioni alla kermesse danese di Tom Neuwirth, il vero nome del cantante, da parte di un gruppo di genitori terrorizzati dall’idea che i figli potessero diventare «succubi di una sodomia lussuriosa». Ancor più pesante Vladimir Zhirinovski, nazionalista destrorso, che ha dichiarato: «È la fine dell’Europa. Loro non hanno più uomini e donne hanno ’questo’».

Ma la bella Conchita (dotata da madre natura e da qualche infallibile chirurgo plastico…) con la sua canzone – e va detto rispetto agli abominii partoriti nel corso di decine e decine di edizioni, Rise Like a Phoenix, una sua dignità radiofonica la mantiene, si difende da sola sul suo profilo facebook: «Mi sono sempre dovuta confrontare con la discriminazione» e poco si cura degli insulti. Ha vinto, come sottolinea Vladimir Luxuria: «Perché è una figura nuova. Ha scelto anche un nome d’arte che unisce il maschile e il femminile». «Un tempo – chiosa l’ex onorevole – le donne barbute erano fenomeni da baraccone. Conchita le ha riscattate tutte..».