«L’aborto non sarà più un diritto». Il titolo del giornale online eldiario.es riassume perfettamente il senso della controriforma abortista approvata dal Consiglio dei ministri di ieri a Madrid. Quando la legge supererà l’esame del parlamento – e data la maggioranza assoluta monocolore del Partido popular al governo, nessuno si aspetta sostanziali cambiamenti – per le donne spagnole l’aborto non sarà più un diritto. Lo denuncia fra gli altri l’associazione di giuriste Themis, a cui appartengono avvocate e giuriste di tutta la Spagna.

Abbiamo raggiunto Eva Pleguezuelos Puixeu che esercita a Granollers, un piccolo centro vicino a Barcellona. «Di fatto, con questa legge l’aborto non è più legale», dice. E ricorda che fino al 2010, anno in cui il partito socialista ha approvato una legge sull’aborto più simile a quella in vigore nella maggior parte dei paesi europei, basata su scadenze temporali e non su «motivazioni», «il 95% delle donne abortiva appellandosi a ragioni di salute psicologica – che ora vengono fortemente limitate».

Come riassumerebbe questa proposta?

Si tratta di una chiara retrocessione per i diritti delle donne, dal punto di vista giuridico, sessuale e per la salute riproduttiva. È come fare un salto indietro a una legge abolita nel 1985. Di fatto, con questa riforma si rimette la salute delle donne nelle mani di altre persone – gli specialisti che possono autorizzare l’aborto – privandole del diritto di poter scegliere autonomamente. E questo ha anche delle implicazioni sulla salute perché la malformazione del feto in sé non sarà una ragione sufficiente, al contrario di quanto previsto nella legge precedente, ma deve essere una malformazione “incompatibile con la vita” e deve essere giustificata da un certificato medico.

Secondo le indiscrezioni, i medici che realizzeranno la “valutazione” sulla donna o sul feto non potranno lavorare nello stesso centro dove si praticherà l’aborto.

Questo è un ulteriore elemento discriminatorio. È chiaro che le donne che non vivono nelle grandi città avranno maggiori difficoltà per raggiungere specialisti che lavorano in altre cliniche. A ciò c’è da aggiungere che verrà fatto divieto alle cliniche di farsi pubblicità, rendendo oggettivamente più complicato soprattutto per le donne con meno risorse accedere a questi specialisti.

Ci sono altri paesi che inaspriscono la propria normativa sull’aborto?

Almeno in Europa, che è il contesto con cui ci confrontiamo, no. Le leggi normalmente divengono più progressiste, non più restrittive come in questo caso. Negli altri paesi neppure la destra fa questo tipo di proposte. In questo come in altri campi, la destra spagnola rappresenta un’eccezione. Per esempio, in Spagna c’è una delle migliori norme a livello europeo sulla difesa delle donne nei casi di violenza di genere, ma il Pp ha già dichiarato di volerla modificare.

Secondo lei è una legge anticostituzionale? Si potrà impugnare davanti al Tribunale Costituzionale?

È difficile rispondere perché non abbiamo ancora letto il testo definitivo. Per quello che sappiamo finora, probabilmente è una legge che potrebbe essere compatibile con la costituzione. Ma in queste faccende è molto importante la formulazione esatta del testo. Per cui quando verrà reso noto lo valuteremo.

Il ministro della giustizia, Alberto Ruiz Gallardón, ha dichiarato che “è la prima volta nella storia spagnola che si libera la donna dalla possibilità di poter essere penalmente responsabile”, per dire che la legge in nessun caso punirà la donna che abortisce, ma solo i medici che praticano l’aborto illegalmente.

Questo è totalmente falso. La legge del 2010 depenalizzava totalmente l’aborto. La legge proposta dal ministro è penalizzante e colpevolizzante.