Dopo due mesi di discesa costante, nell’ultima settimana l’incidenza dei nuovi casi positivi al coronavirus in Italia è tornata a salire. Piccoli numeri per il momento, ma si è tornati a 34 nuovi casi ogni centomila abitanti in sette giorni, esattamente come due settimane fa. L’indice Rt rimane a 0,86: un lievissimo aumento rispetto a sette giorni fa, ma pur sempre sotto 1, cioè nella zona di sicurezza in cui l’epidemia diminuisce di intensità. Sono sostanzialmente stabili, anzi in tenue discesa, i pazienti ricoverati in area medica e in terapia intensiva.

I DATI SONO CONTRADDITTORI solo in apparenza, ma l’arrivo del green pass obbligatorio, e del gran numero di test che esso comporta, determina certamente un cambio di scenario, difficile da interpretare e che richiede anche nuovi indicatori, o il riprestino di quelli abbandonati.

L’aumento dell’incidenza dei nuovi casi, per esempio, può essere stato influenzato dal grande aumento del numero dei tamponi eseguiti. Nell’ultima settimana, non c’è bisogno di ricordarlo, è entrato in vigore l’obbligo di green pass e chi non si è vaccinato ha dovuto iniziare la faticosa routine dei due tamponi settimanali per accedere al luogo di lavoro. Perciò, nella settimana appena conclusa i test hanno superato per molti giorni il mezzo milione, sfiorando addirittura il milione di green pass concessi attraverso i tamponi nelle giornate di lunedì e mercoledì. Moltissimi, rispetto alla media precedente di circa trecentomila tamponi al giorno. Piuttosto, stupisce che il raddoppio dei test abbia generato un aumento dei casi così contenuto. «È vero, normalmente più test si fanno e più positivi si trovano. Ma non è detto che i positivi aumentino in modo proporzionale ai tamponi» spiega Gianni Rezza, epidemiologo a capo della prevenzione presso il ministero della Salute. «Le persone a rischio, per sintomi o per contatti con un positivo, sono quelle che si vanno a testare per prime. Allargando il numero dei tamponi, si vanno a testare persone in gran parte negative, cosicché il numero di casi aumenta in modo molto limitato».

IL FATTO CHE L’INDICE RT sia sotto 1, mentre l’incidenza cresce seppur di poco, ha altre possibili spiegazioni. Prima di tutto, l’indice si riferisce a circa una settimana prima, il tempo necessario a consolidare i dati sui positivi. Inoltre, l’indice Rt censisce i soli casi sintomatici. E chi si sottopone a un tampone solo per il green pass, probabilmente non ha sintomi e, anche se positivo, non contribuisce a far salire l’indice Rt.

Tutto torna, dunque? «Con l’obbligo di green pass è come se fosse cambiata la strategia di testing» spiega Stefano Merler, che dalla fondazione Bruno Kessler di Trento fa i calcoli sulla diffusione del virus per conto della cabina di regia. «Non è la prima volta, dall’inizio dell’epidemia. L’indice Rt, concentrandosi sui casi sintomatici, risente molto meno di questi cambi di strategia, e continua a fornire un’informazione affidabile. Dall’inizio dell’epidemia abbiamo puntato su questo indice e questo ci conferma che è stata una scelta sensata».

DURANTE L’ESTATE, le Regioni avevano chiesto di abbandonare l’indice Rt come «indicatore decisionale», perché rischiava di compromettere la stagione turistica. E chiesero (ottenendolo) di dare più rilevanza all’incidenza dei casi, che a causa del tracciamento limitato durante l’estate era destinata a rimanere sotto le soglie critiche. Ora le stesse regioni potrebbero doversi ricredere: se grazie al green pass emergeranno più casi positivi, l’incidenza aumenterà mentre l’indice Rt, calcolato sui soli sintomatici, restituirà un’immagine più fedele, e rassicurante, dell’epidemia.

Se l’andamento non subirà impennate, le prossime settimane saranno decisive per stabilire se mantenere lo stato di emergenza e le misure di prevenzione: mascherine, distanziamento e soprattutto l’obbligo di green pass.

A fine dicembre il governo dovrà stabilire se prorogare lo stato di emergenza, che comunque non potrà oltrepassare il mese di febbraio perché la legge impedisce di prolungarlo oltre i 24 mesi. Cosa ne sarà delle misure?

GLI ESPERTI non si sbottonano nemmeno sui criteri che verranno adottati per prendere decisioni. Silvio Brusaferro, il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, è prudentissimo. «La pandemia è ancora in corso, anche se da noi il virus ha una circolazione più ridotta. La possibilità di eliminare le misure di protezione dipende dalla circolazione del virus e delle sue varianti. Inoltre, negli altri paesi europei la curva epidemica si muove in maniera diversa ed è importante coordinarsi».

Ma le scelte sulle misure sono politiche e amministrative e competono al governo. «Noi possiamo rappresentare meglio possibile l’evoluzione dell’epidemia e migliorare la capacità di risposta e previsione».