Sarà l’ultimo congresso con Marco Pannella o il primo senza Marco Pannella? Una domanda che non trova una risposta univoca all’interno del Partito Radicale nonviolento transnazionale e transpartito (Prntt) che si appresta a riunirsi per la prima volta dopo la morte del vecchio leader e fondatore – e con tre anni di ritardo rispetto alle regole statutarie – non a caso in un carcere, luogo simbolo della madre di tutte le lotte dell’ultimo Pannella. E in un clima di tensioni e incertezze riguardo l’eredità politica (e materiale), con divergenze di prospettiva che risentono inevitabilmente anche – in parte, come in ogni elaborazione del lutto – delle differenze generazionali e psicologiche. «Da Ventotene a Rebibbia», l’hanno chiamato così, questo 40° congresso radicale che si terrà dal 1° al 3 settembre nel teatro del carcere romano, per evocare il lascito pannelliano che affonda le radici nel pensiero federalista europeo di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni e Ursula Hirschmann.

Una scelta che secondo gli attuali dirigenti – Maurizio Turco, Rita Bernardini, Laura Arconti e Aurelio Candido, in primis – viene direttamente da quel terzo dei mille iscritti al partito, che «per la prima volta nel mondo democratico – sostiene il tesoriere, Turco, primo firmatario della richiesta – hanno convocato direttamente un congresso». Di tutt’altro avviso i dirigenti di tre soggetti della galassia radicale, le associazioni Luca Coscioni, Radicali italiani e Certi diritti, che accusano i «promotori dell’autoconvocazione» di aver «escluso – spiega Riccardo Magi, segretario di Radicali italiani – di fatto dalla preparazione politica precongressuale i soggetti costituenti». E di aver scelto non a caso una location (per tutta la durata del congresso e non solo per i primi giorni, come chiedevano) di forte e importante simbolismo ma di poca praticità, non adatta ad una fase di apertura verso «chiunque», come diceva Pannella, chiunque decida in qualunque momento dei lavori di partecipare, senza le preregistrazioni (con scadenza 26 agosto) e le limitazioni che ovviamente sussistono per l’ingresso all’interno del perimetro carcerario.

In un primo momento, addirittura, si era deciso di tenerlo il 15 agosto, ma il Dap ha rifiutato la richiesta. Ultimamente poi l’amministrazione penitenziaria e il Guardasigilli Orlando hanno negato l’autorizzazione al trasferimento di 44 ergastolani iscritti al Prntt che avrebbero voluto partecipare. Dunque, non saranno molti i reclusi che potranno essere presenti e partecipare al voto per il rinnovo della dirigenza (oltre a Pannella che presiedeva il partito e il Senato, tre anni fa è morto anche il presidente onorario Sergio Stanzani, e il segretario, il maliano Demba Traoré, eletto nel 2011, si è eclissato da tempo).

I malumori ci sono, anche se Turco nega, parlando di «un manipolo di dirigenti, alcuni non iscritti al Prntt, e un manipolo di giornalisti che stanno inquinando il dibattito all’interno del partito». C’è chi, per esempio, scrivendo alla mailing list interna, si lamenta di tutte le restrizioni: dall’orario di ingresso fisso, al divieto di portare con sé telefonini, computer e strumenti di registrazione, per non parlare dei figli. E c’è chi alza il tiro. Scrive tra gli altri Manuela Zambrano, 39 anni, dirigente dei Radicali italiani: «La scelta di Rebibbia umilia il nostro impegno per la civiltà delle condizioni di detenzione e la tutela dei diritti fondamentali di cittadini e persone in condizioni di restrizione, nella drammatica misura in cui strumentalizza i detenuti per fini di bassa cucina interna». Una scelta che, sostiene Zambrano, «in un contesto nel quale vi è la pluridichiarata convinzione di un gruppo di compagni di rappresentare l’unico possibile futuro radicale e nella evidente esclusione dalla fase organizzativa di più della metà dei soggetti costituenti il partito e di compagni e compagne autorevoli a partire da Emma Bonino, è esclusivamente funzionale al ridicolo tentativo (nelle condizioni di debolezza e indebitamento in cui versa il Partito) di “controllare” il Congresso, gli accessi, i “numeri” degli iscritti: con la “foglia di fico” del tema delle condizioni di detenzione».

Chi dirigerà il partito d’ora in poi, morto colui che tutto teneva insieme, ovviamente non è cosa neutra. Neppure dal punto di vista patrimoniale, a cominciare dai simboli e dagli archivi storici del Partito radicale e della Lista Marco Pannella, volendo tralasciare al momento il futuro delle società proprietarie degli immobili e di Radio Radicale. Questioni che non attengono strettamente all’ordine dei lavori del congresso, fa notare Maurizio Turco. Ma in programma, per dicembre, c’è la nascita di una fondazione intitolata a Pannella «che non faremo noi da soli, ovviamente – spiega l’attuale tesoriere del Prntt – e insieme si decideranno i nuovi assetti patrimoniali».

Riccardo Magi dipana l’intricata matassa partendo da un nodo politico: «Noi contestiamo l’impostazione sul solco di un pensiero pannelliano congelato, che è l’opposto di ciò che era Marco, e che subordina ogni lotta politica – la questione migranti, l’antiproibizionismo, la libertà di ricerca scientifica e molto altro, cioè i grandi temi transnazionali odierni – ad un’unica grande battaglia che si vorrebbe omnicomprensiva ma che invece risulta perfino di difficile comprensione: “la transizione allo stato di diritto attraverso il diritto umano alla conoscenza”».

Obiezioni non nuove, anche Emma Bonino aveva espresso dubbi su questa impostazione, ma che Turco proprio non comprende. «Non penso ad un partito che voglia scimmiottare quello che ha fatto Pannella, però è ancora intriso delle sue idee e delle sue lotte. Sarà l’ultimo congresso con Marco anche se temo che finirà come il primo senza Marco, il primo senza l’unità che lui ha sempre garantito, tenendo insieme fino alla fine anche chi pensava di essere in minoranza, sottostimato, ecc». Le limitazioni che il carcere impone, ribatte Turco, sono poca cosa rispetto a quando Pannella decise di tenere il congresso a Budapest o a Tirana. Ma, appunto, la successione non era ancora nell’orizzonte futuro del partito. «Nulla vieta alla maggioranza dei presenti di votare una mozione che chiede di proseguire l’assemblea altrove», insiste. «C’è qualcuno che pensa che si può fare un partito migliore senza Marco Pannella, e d’altronde da un paio d’anni avevano già cominciato a ragionare come se lui non ci fosse. Io invece penso ad una continuità, e il carcere è la continuità, perché è lì che sono nati i Radicali».

Ed è lì che oggi sono al bivio. In ogni caso, come scriveva Spinelli nel Manifesto di Ventotene, «La via da percorrere non è facile né sicura, ma deve essere percorsa e lo sarà».