La storia scenica dei teatri romani in Italia, tra alti e bassi, trionfi della riscrittura dell’antico e ordinaria amministrazione, scontri tra poteri, intuizioni felici e soluzioni draconiane è oggetto negli ultimi anni di una ricostruzione che permette di comprendere come questi luoghi, meravigliosi e difficili per la realizzazione degli spettacoli, siano stati usati, trascurati o abusati, nei tempi. Nel 2008 è uscito da Olschki, a cura di Maura Borgioli, L’inventario dell’archivio del Teatro Romano di Fiesole; la stessa studiosa ha poi curato Il Teatro romano va in scena (Polistampa 2009). La collina fiorentina aveva visto la nascita di una stagione teatrale dedicata al classico nel 1911, per opera del mondo della rivista «Il Marzocco», che faceva capo a Angiolo Orvieto, e con il sostegno di Gabriele D’Annunzio. La prima rappresentazione era stata Edipo re, messo in scena dalla compagnia di Gustavo Salvini davanti ai più bei nomi della cultura e della mondanità del tempo.
È ora in corso, fino al 22 ottobre prossimo, presso il Parco Archeologico di Ostia Antica, Teatro Romano, la mostra organizzata da Electa Chi è di scena! Cento anni di spettacoli a Ostia antica (1922-2022), a cura di Alessandro D’Alessio, Nunzio Giustozzi, Alberto Tulli. Il catalogo (Electa, pp. 223, € 33,00) reca in copertina il bel poster di Mario Sironi per un dittico euripideo composto da Medea e Il ciclope. Un testo di Giustozzi, Ostia in fabula, ‘ricostruisce’ il luogo archeologico come set spesso utilizzato dalla moda (negli anni cinquanta, quando il Made in Italy cercava sfondi archeologici, come dimostrano le belle foto di Regina Relang) e dal cinema: una giovanissima Ursula Andress si allaccia un sandalo sorridendo all’obiettivo, Marcello Mastroianni, nelle vesti di fotografo scatta immagini di Sophia Loren ne La fortuna di essere donna di Alessandro Blasetti (1956). Ursula Andress e Mastroianni, in una curiosa triangolazione di destini, sono interpreti insieme a una scatenata Elsa Martinelli dotata di pistola nel gioiello fantascientifico di Elio Petri La decina vittima (1975), tratto dal classico racconto di Robert Sheckley.
La storia archeologica, ricostruita nel dettaglio, lascia lo spazio a un contributo assai preciso sulla prima utilizzazione dello spazio come luogo scenico nell’aprile-maggio 1922, evento il cui centenario è appunto celebrato dalla mostra. La prima idea fu quella di coinvolgere gli alunni delle scuole elementari di Ostia e Fiumicino nella rappresentazione della Aulularia di Plauto, adattata per l’infanzia dal professor Ermanno Leoni, latinista, che aveva ispirato la manifestazione. Era quella una fase sperimentale che andava di pari passo con la ristrutturazione della cavea compiuta nel 1926, quando giunsero le stagioni dell’INDA, l’Istituto Nazionale del Dramma Antico. L’anno seguente, nel 1927, giunge Duilio Cambellotti, maestro di scene e costumi, figura centrale in tutte le elaborazioni teatrali a Roma a partire dalla stagione della Stabile Romana, antecedente alla Prima Guerra Mondiale, che crea opere magnifiche (studiate da Francesco Tetro), qui documentate da rari esemplari usciti dall’archivio Cambellotti. Notevoli le testimonianze visive sul Giulio Cesare di Enrico Corradini (1928); memorabili le visioni inquietanti de Gli uccelli di Aristofane andati in scena nel 1947, per segnare un ventennio di realizzazioni e progetti.
Dal 1928 giunsero anche le tersicoree, con l’inaugurazione di una Scuola di Danze classiche, specialmente concepita per le rappresentazioni del luogo. Gli spettacoli si animarono così di danze create da coreografe come Tusnelda Risso Strub, Rosalia Chladek e Jia Russkaja. Memorabile nel dopoguerra è il dittico Medea/Il ciclope – analizzato da Moreno Bucci –, con scene e costumi di Mario Sironi nel 1949, in un momento in cui il teatro era uno dei pochi approdi possibili per il pittore, ostracizzato per il suo passato fascista. Interprete della maga della Colchide era una strepitosa Sarah Ferrati, citata da Maria Callas come modello per la sua interpretazione dell’opera di Cherubini, interpretata per la prima volta al Maggio Musicale Fiorentino nel ’53.
Gli anni seguenti, raccontati efficacemente da Dario Daffara, saranno assai variati, tra riproposte del teatro classico e fughe in altre direzioni, tra anni felici e altri assai più di routine, con varie pause. Le edizioni sono spesso segnate dalla presenza di attori noti: Arnoldo Foà, tra i più ricorrenti (Le nuvole di Aristofane, 1955); Aldo Fabrizi (con Foà ne La pace di Aristofane, 1967); un giovane Gigi Proietti, in scena con Mario Scaccia nel Coriolano (1967), fino ad arrivare alla Casina di Plauto con protagonista Renato Rascel (1983). Nel frattempo, le stagioni di Ostia hanno subito lo stesso destino di molti teatri antichi in Italia, con problemi notevoli di gestione, tra sovrintendenza, enti teatrali e comuni, ingerenze politiche e scontri di poteri. Rimarchevoli, in anni più recenti, le messe in scena dell’Orestea diretta da Peter Stein nel 1984 e delle Danaidi secondo Silviu Purcarete (1996), per passare poi a una sequenza di concerti rock e pop, nonché a spettacoli comici, fino all’attualità.