Sulla piazza dove il 20 agosto scorso venne immortalata, a beneficio di tutti i media internazionali e assai meno per la capitale d’Italia, la carrozza trainata da sei cavalli che trasportava il feretro di Vittorio Casamonica, oggi si riuniranno forze politiche e amministratori, sindaci e governatori, sindacati e associazioni, rappresentanti dell’imprenditoria e organizzazioni di categoria per manifestare al mondo, con interventi dal palco montato davanti alla chiesa di San Giovanni Bosco, a Cinecittà, che i clan non hanno in mano Roma.

Non staranno in silenzio, come chiedeva il candidato sindaco del centrodestra Alfio Marchini come condizione per partecipare alla manifestazione «Antimafia Capitale: per la Legalità contro le mafie» indetta dal presidente del Pd, Matteo Orfini. Ma si annuncia affollata, dalle 18 in poi, la piazza dove, va ricordato, il 24 dicembre 2006 fu al contrario confinato, non trovando misericordia cattolica, il sobrio funerale laico di Piergiorgio Welby, e proprio nel 33esimo anniversario dell’omicidio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.

Ci sarà il sindaco Ignazio Marino appena rientrato dalle tanto chiacchierate ferie negli States e il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, molti sindaci e amministratori provenienti anche da fuori regione, con le loro fasce tricolori, chiamati a raccolta dal presidente dell’Anci, Piero Fassino, l’Unione delle Province d’Italia, Cgil Cisl e Uil, l’Arci, le Acli, la Comunità Sant’Egidio e molte associazioni anticlericali o che si battono per i diritti civili.

Ma non Libera. L’associazione fondata da don Luigi Ciotti ha fatto sapere infatti che non aderirà alla manifestazione «essendo Libera un coordinamento di associazioni, più di 1.600, dove ciascuna realtà è libera di aderire, di costruire i propri percorsi e fare le proprie scelte», si legge in una nota ufficiale. Evidentemente non alberga solo nel M5S e nei FdI, la diffidenza verso un’iniziativa che non è stata indetta dopo gli arresti di Mafia Capitale ma all’indomani del funerale alla “Padrino” del capostipide dei Casamonica.

Libera assicura comunque che non farà mancare il sostegno a chi «si oppone al sistema criminale presente nella Capitale, convinta che “legalità” significhi responsabilità, coerenza e onestà da parte di tutti». Anche Sinistra ecologia e libertà ha annunciato che parteciperà con una delegazione nazionale, a condizione che l’occasione non venga strumentalizzata «per larghe intese».

Quelle politiche, intendono gli esponenti di Sel, possibili solo – così sembra – in campo calcistico. Il capogruppo in Campidoglio Gianluca Peciola e l’ex sindaco Gianni Alemanno sono stati tra i primi, infatti, a chiedere le dimissioni dell’assessore ai Trasporti Stefano Esposito (senatore del Pd dal «pessimo carattere», dice chi lo conosce bene, già commissario dem ad Ostia) per lo show da ultrà juventino con annesso slogan anti romanista recitato ai microfoni de La Zanzara, su Radio 24. «Andavo in trasferta a vedere la Juve – ha raccontato l’assessore di origine torinese – tante volte ho gridato “Roma merda”. Non ricordo più nemmeno quante. Ho fatto anche qualche trasferta a Roma da ultrà. Ho fatto anche delle risse, ho dato delle botte ma soprattutto le prendevo». E ancora: «Se la Roma non vince lo scudetto godo ma sarebbe peggio se lo vincesse la Fiorentina o il Torino. Romanisti rosiconi? Sì, sono anni che si lamentano di partite, linee, palle uscite o non uscite, siamo ancora a Turone. Basta!».

Nemmeno Rutelli, da sindaco laziale, o Veltroni da juventino, avevano mai osato tanto. Così, da Alemanno a D’Alema la levata di scudi è massiccia. L’ex presidente del Consiglio avverte perfino Esposito: «È un sedicente Dalemiano. Gliel’ho proibito da molto di definirsi tale…». Solo il capogruppo dem in Campidoglio, Fabrizio Panecaldo, con ironia cerca di ridare il giusto peso alla vicenda e twitta: «Caro stefanoesposito…nun me fà diventà romanista… che sò laziale… E comunque storicamente #juvemerda!».