Un candidato sindaco cattolico di provenienza aclista ed espressione di un “civismo progressista”; una coalizione ampia che comprende anche le diverse anime centriste e una sinistra unita sotto lo stesso simbolo: il quadro politico savonese si presenta così alla vigilia delle elezioni del 3-4 ottobre almeno sul versante che si propone di strappare la guida del comune alla destra che l’aveva inopinatamente conquistata cinque anni fa.

Il candidato sindaco è Marco Russo, figlio d’arte: suo padre, il compianto Nanni, senatore componente della Bicamerale votò contro il semipresidenzialismo voluto in quel progetto e avversò, fino alla fine, tutti gli attacchi alla Costituzione. La scelta di Marco Russo è stata alla “accettata” e poi sostenuta dal Pd grazie soprattutto ad un lungo lavoro condotto sul piano progettuale e al confronto con tutti i settori vitali di una città però pericolosamente in declino.

A sinistra si è compiuto un percorso analogo, a partire da almeno un paio d’anni: un gruppo si è messo al lavoro attraverso il metodo classico dei documenti, degli incontri, dei convegni riuscendo alla fine a produrre aggregazione e contenuti in grado di esprimersi, attorno ai temi cruciali riguardanti la città, in forme e modi coerenti con un’ipotesi di concreto cambiamento.

Savona ha ormai perso da tempo l’antica identità operaia e ha subito una fase di trasformazione prima di tutto urbanistica sulla base della logica di scambio tra deindustrializzazione e speculazione edilizia, perdendo anche il porto commerciale (quasi interamente trasferito a Vado Ligure) e diventando semplice punto d’attracco e di partenza per annoiati crocieristi.

La destra ha approfittato di questa condizione assumendo la guida del comune all’insegna di una logica di risanamento del bilancio che ha causato una perdita secca in termini di servizi sociali, decoro della città, recupero dei contenitori storici, condizioni complessive di vivibilità in un quadro generale di invecchiamento e di forte deficit demografico.

Dopo 5 anni questa destra non si ripresenta al giudizio dell’elettorato: fuori gioco la sindaca, non ricandidata come buona parte della giunta uscente, si punta tutto su di un ex-primario, Angelo Schirru, che gioca a tirarsi fuori dalle secche del passato avendo trovato come nume tutelare il presidente della Regione Toti (che presenta addirittura una sua lista, Toti per Savona, a fianco di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia). Toti mira decisamente a stabilire una sorta di “protettorato” sulla città in un quadro di vera e propria feudalizzazione della Liguria.

In questo quadro pieno di incognite i soggetti della sinistra hanno trovato la capacità di un’intesa che ha portato alla formazione della lista nel quadro dell’alleanza, basandosi proprio su di una ricerca molto approfondita sulla realtà economica e sociale e individuando alcune priorità essenziali: l’idea di comprensorialità, quella di recupero dei quartieri, la sanità territoriale, le infrastrutture per uscire dall’isolamento, la strategia della connessione, la regia pubblica nell’urbanistica e nell’erogazione dei servizi.

Si è così arrivati a formulare una proposta unitaria: gran parte del lavoro è stato compiuto grazie ad un gruppo spontaneo, «Il Rosso non è il Nero» formatosi un paio d’anni fa attorno ai temi della memoria storica e poi via via (anche grazie alla presenza di amministratori locali di grande esperienza) in grado di produrre riflessione politica, aggregazione, propositività politica.

Si è così pensato di portare questa esperienza a livello nazionale proponendo un documento che ponesse in primo piano il tema unitario avendo però al centro la dimensione programmatica e l’obiettivo di realizzare un risultato che, pur nel piccolo di una città di provincia, sollevasse interrogativi positivi alle sparse membra della sinistra italiana.