La serie straniera che ha tracciato il solco nel recente passato del pubblico cinese di fiction tv, è stata senza dubbio Prison Break. Da quel momento in Cina, tra il 2004 e il 2006, bastava andare in un qualsiasi bugigattolo che vendeva opere «pirata» per notare una variazione sul tema: insieme alle miriadi di dvd di film, spesso rilasciati, sottotitolati e venduti il giorno dopo la loro uscita sugli schermi negli Stati uniti, andavano ammassandosi «i cofanetti», ovvero le scatole con foto di scena e protagonisti in primo piano delle serie tv. Dopo Prison Break toccò a Lost, Dexter e via via molte altre. Oggi lo spazio per le fiction tv non si limita agli scaffali, ma occupa spesso un’intera stanza di questi negozi specializzati. Va specificato che i cinesi consumano anche tante fiction «nazionali».

La Cina solo nel 2011 – dati forniti dall’Assemblea Legislativa Nazionale – ha prodotto 15mila serie tv. Molti di queste sono crime story in salsa cinese o drama incentrati su un evento storico ben preciso: la guerra contro i giapponesi. Secondo il Nanfang Daily, nel 2012 quando la contesa territoriale tra Cina e Giappone ha raggiunto livelli di tensione altissima con manifestazioni anti giapponesi per le strade spesso violente, delle 200 fiction tv mandate in onda dalla tv satellitare cinese, 70 erano sulla guerra sino giapponese, tanto che la rivista Caijing ha valutato che in un anno negli studios di registrazione della Hengdian World Studios – il più grande studio cinematografico di tutta l’Asia – erano «morti» 700 milioni di giapponesi. Ma nell’epoca della globalizzazione e nell’ambito di quello strano rapporto di odio e amore tra Cina e America, la serialità made in Usa ha sempre grande seguito.

E negli ultimi tempi la fiction che sembra aver conquistato il cuore dei cinesi è Mad Men, una passione su cui si inseriscono diverse chiavi di lettura: la straordinaria forza propulsiva della società cinese, le sue contraddizioni, i suoi vizi (il fumo ad esempio, ma soprattutto la mancata educazione civica), l’emergere di una classe media e di figure di creativi impiegati nei servizi, tra i quali le agenzie di public relations, di comunicazione, quelle pubblicitarie. Senza dimenticare la nascita e la forza di una società consumistica come siamo stati abituati a vederla nascere in Italia dalla fine degli anni Sessanta. Mad Men – serie di culto, premiata con numerosi Emmy (in Italia prima su Sky e ora fiore all’occhiello di Rai4) e giunta alla sua sesta stagione, racconta la vita di un’agenzia pubblicitaria di New York dall’inizio degli anni 60 attraverso la vita dei suoi protagonisti. A guidare il cast è Don Draper (in cinese Tang Deleibo: è vero sembra non assomigliare al nome americano, ma se scandito bene in cinese l’assonanza è garantita), capo dei creativi dell’agenzia. La fiction delinea un percorso attraverso la nascita del sogno americano, quando un’agenzia di pubblicità spesso non doveva solo decidere il posizionamento di un prodotto, il suo target, ma a volte addirittura doveva capire «cosa» fosse l’oggetto. Era il «sogno americano» alla conquista del mondo, nonostante la guerra del Vietnam, i pesanti problemi razziali, dopo essere uscita dall’impegno militare del conflitto in Corea.

. Trovare slogan, soluzioni, vedersi scivolare tra le dita – spesso per agevolare lo sforzo «creativo» – le tante sigarette (il 63 percento dei lavoratori cinesi è esposto oggi al fumo di sigaretta anche nei posti di lavoro), la percezione di avere fra le mani le chiavi del proprio futuro, costituiscono uno stadio di immedesimazione con il telefilm molto elevato per un cinese appartenente alla nascente classe media. [do action=”citazione”]La nuova classe media cinese, che oggi secondo alcune statistiche costituisce il 10 percento della popolazione, ma che presto arriverà a numeri ben più imponenti, è naturale che abbia ritrovato in Mad Men, più di affinità con la Cina di oggi. C’è anche il messaggio del Presidente Xi Jinping a suffragare il tutto: costruire un nuovo sogno cinese. Non sorprende quindi che i protagonisti di Mad Men, inseriti in una sceneggiatura solidissima capace di arrivare a descrivere processi epocali, si trasformino in soggetti mitici per i cinesi di oggi, tanto che esistono già i ritrovi dei «creativi» dove «ci si veste alla Mad Men» (dovete immaginarvi i cinesi con la brillantina tra i capelli, a questo punto)[/do]

Mad Men racconta di una società in crescita, come quella cinese, di un mercato interno che diventa di massa, come la Cina odierna, di una fiducia del futuro, che pur tra i tanti problemi, contraddizioni, tensioni sociali, la middle class cinese oggi rappresentare in pieno.Una seconda chiave di lettura è il successo che Mad Men ha tra le donne del Dragone: nella serie americana il personaggio di Peggy Olson compie una parabola da sogno: da segretaria di Draper, diventa sua rivale in un’azienda concorrente, fa carriera e mostra il primo segno di affrancamento femminile in alcuni settori, dallo stereotipo della perfetta casalinga. Le aziende cinesi sono ancora fortemente dominate dagli uomini; nel 2011 il rapporto Gender Gap del World Economic Forum poneva la Cina al sessantunesimo posto, dietro agli Stati uniti (17) all’Islanda (1), ma pur sempre davanti all’Italia (74). Il settore pubblicitario però sembrerebbe attenuare questo trend, dimostrandosi uno degli ambiti nei quali le donne cinesi fanno più carriera. Il direttore dell’ufficio della Ogilvy & Mather di Shanghai, ad esempio, è una donna.

Le assonanze tra Mad Men e la moderna società cinese, non sono solo negli aspetti positivi. Un breve frame di un episodio della seconda stagione, dice molto della Cina nel 2013: la famiglia Draper si reca in un parco per effettuare un picnic. Al termine del pranzo Don Draper si alza, si sgola una lattina di birra e la butta a terra, come niente fosse. Poco dopo la famiglia raccoglie la tovaglia e le giacche da terra, si mette in macchina e torna a casa. La telecamera indugia sulla spazzatura lasciata a terra dal creativo e la sua allegra famiglia, a sottolineare come in quella società l’educazione ambientale fosse ancora una chimera. La consapevolezza dei rischi dell’inquinamento in America arriverà solo molti anni dopo, mentre in Cina è ora totalmente assente. Questo progresso, il sentirsi catapultati verso il futuro, spesso sembra far perdere ai cinesi la coscienza della terra che calpestano, delle case in cui vivono, dell’ambiente che contribuiscono a rovinare.

Chi è stato in Cina sa che è facile vedere cinesi gettare cose e bottiglie per terra, senza curarsi minimamente del suo gesto. Ed ecco che anche le contraddizioni si raccolgono e aiutano a creare un paradossale punto di contatto tra due mondi così diversi, in epoche completamente differenti, ma che forse accomunano quelle fasi progettuali di una potenza destinata a diventare egemone nel mondo.