Qualcosa di travolgente, il rapporto di Jonathan Demme con la musica. E non banalmente solo il rock, ma la musica intesa come elemento resistenziale, in grado di cambiare le cose. D’altronde basterebbe osservare il passo punk che Demme imprime all’exploitation estremista di Roger Corman per capire che il rapporto con i Talking Heads non è un punto d’arrivo ma un’ennesima ripartenza. Le teste parlanti di David Byrne, guidate da Eno che nelle orecchie aveva i poliritmi di Fela Kuti, segnano, nelle immagini di Demme, un’intera epoca. Demme reinventa la messinscena del film concerto proprio come la band di Byrne riscrive il post-punk statunitense.

La curiosità musicale di Demme, pari solo alla sua irrequietezza cinematografica, lo porta a collaborare anche con musicisti meno noti al grande pubblico. Esemplare il caso del cantautore psichedelico Robyn Hitchcock, ex Soft Boys, cui dedica il magnifico Storefront Hitchcock: il musicista in una vetrina che esegue le sue canzoni come in un piano sequenza. Attivissimo contro il governo razzista di Pretoria, partecipa in prima fila al progetto Sun City.

Probabilmente la relazione musicale più lunga e duratura Demme la sviluppa con Neil Young con il quale collabora non solo per la realizzazione del magnifico film concerto Heart of Gold, ma per i più carbonari Neil Young : Trunk Show e Neil Young Journeys. Per Demme musica e politica erano un tutt’uno. Nella musica ritrovava lo spirito insurrezionale del suo cinema, l’urgenza di fare e dire che lo ha portato a sperimentare con le forme del documentario e del videoclip. E quindi come dimenticare il magnifico film in miniatura realizzato per Streets of Philadelphia di Bruce Springsteen? E If I Should Fall Behind e Murder Incorporated?

Il gusto per la musica di Demme oscilla da un lato fra la grinta operaia di un Young, Springsteen o dei Replacements, sedotto però da un piacere sempre vivo per il ritmo, sia funk che caraibico (sue le riprese di Kid Creole al Saturday Night Live).
Un gusto mai elitario, sempre con l’orecchio appoggiato alla strada. Chi altri, se non Demme, avrebbe colto lo specifico di un musicista bianco spesso dileggiato come Justin Timberlake?

E chi avrebbe teso le orecchie sino a Napoli per incontrare una delle sorgenti di quei poliritmi che lo avevano conquistato ai tempi dei Talking Heads? Di passaggio a Roma per presentare il suo Fear of Falling, Demme ritrova Enzo Avitabile con il quale aveva realizzato per le strade di Napoli Music Life.
L’entusiasmo del regista nel ritrovare l’amico, il calore del suo affetto, dicono molto di più di qualsiasi saggio nei confronti della sua relazione nei confronti della musica. E senza trascurare i Pretenders, gli UB 40, i New Order. E poi non possiamo che essere grati a Demme per avere messo in piedi in Ricki and the Flash una band pazzesca comprendente Rick Springfield, Rick Rosas, Joe Vitale e, soprattutto, il funkadelico Bernie Worrell. Ed è in scelte come queste che la politica di Demme risplende in tutto il suo potenziale utopico.