Forse non lo sa, ma è fuori tempo massimo. Di fronte all’accelerazione della questione catalana il Partito socialista spagnolo ( Psoe), si prepara al peggio e sta in una situazione di massima allerta, ma immagina ci sia ancora tempo. O almeno così deve pensarla Pedro Sánchez il segretario che convoca il consiglio politico federale del partito, tutti i dirigenti territoriali, per la prossima settimana, ma solo dopo che saranno note le decisioni del governo Rajoy e quelle del parlamento catalano sull’indipendenza.

Il Psoe decide per ora di essere uno spettatore neutrale e mantiene una posizione inconsistente, che pur di non decidere da che parte stare lascia che la crisi territoriale si avviti e si consumi nelle due inconciliabili posizioni fin qui in campo.

Cerca una equidistanza tra le scelte manesche e repressive del capo del governo Mariano Rajoy e il rispetto dello Stato di diritto e della costituzione.

Tra la applicazione dell’articolo 155 per ristabilire a forza una legalità e la DUI, la dichiarazione unilaterale di indipendenza. Un po’ condanna le cariche della polizia, ma un po’ la ringrazia per l’operato, senza mai sostenere la sindaca di Barcellona Ada Colau denunciata alla procura per aver rivolto alla polizia accuse di abusi sessuali, commesse proprio durante quelle cariche. Sánchez chiede al governo del Partito popolare (Pp) di aprire subito le negoziazioni con il governo catalano, ma poi non disapprova il duro discorso del re al paese e rimprovera la gioventù socialista che con il tweet «oggi iniziamo il cammino. Salute e Repubblica», manifesta la necessità di superare la monarchia e la costituzione del 1978.

DA QUANDO ha riconquistato la segreteria del Psoe non riesce a superare il vecchio partito che ancora lo tormenta e ricatta e non riesce a delineare il percorso del nuovo. Nella riunione della prossima settimana saranno convocati gli organi dirigenti federali non completamente rinnovati, convivranno le due anime del partito tra delegati eletti nei congressi regionali già svolti e delegati ereditati dal precedente mandato.

LA CATALOGNA SEMBRA aver scombinato i piani del segretario del Psoe e della sua squadra che appare ondivaga. Sánchez si tiene a distanza soprattutto dalla piattaforma delineatasi nell’incontro di Zaragoza, promossa da Unidos-Podemos, determinata, con il suo manifesto, a trovare una soluzione politica, un dialogo, la mediazione per il referendum concordato. A chi gli chiede di presentare una mozione di sfiducia per far cadere il governo di Rajoy, Sánchez non risponde. Ma rispondono forte e chiaro gli storici dirigenti del Psoe, per il ripristino della costituzionalità di fronte alla richiesta di indipendenza catalana che chiamano colpo di Stato e ricordano al segretario che il futuro della Spagna è nelle mani del Psoe. Appunto, ma la politica del Psoe, fino ad oggi caratterizzata dalla non scelta, consolida gli opposti estremismi.

Dentro questo cocktail esplosivo emerge una enorme frattura sociale. Fanno venire i brividi i cortei contrapposti di quanti chiedono di punire chi attenta all’unità della nazione Spagna e la parte di Catalogna che manifesta per il proprio diritto a decidere. Mentre un partito di ultra destra come Vox cresce del 20%, dall’attentato a Barcellona al processo indipendentista catalano. Il solo partito ad avere nel suo programma la soppressione di tutte le autonomie ha liberamente manifestato a Madrid, in questi giorni, tra saluti fascisti e inni falangisti.

NON C’È ALCUNA coerenza, ma solo contrasto fra il mandato con cui la base elesse solo qualche mese fa Sánchez e questa politica di equidistanza. Segnala l’ininfluenza dei militanti nelle decisioni del partito e quanto ancora invadente è il potere di condizionamento dei baroni sul segretario, così forti da paralizzarlo di fronte alla crisi catalana.

UNA PARALISI CHE ha conseguenze negative sulla crisi territoriale, perché isola le proposte emerse a Zaragoza, ribadite in settimana in nuova riunione, ancora una volta disertata dal Psoe. Il manifesto di Zaragoza, per incidere davvero sulla crisi catalana, ha bisogno che il Psoe decida di farlo suo. Con i socialisti si determinerebbe la maggioranza parlamentare alternativa a quella di Rajoy. Il manifesto di Zaragoza, ad oggi, è la proposta che può impedire che la frattura sociale che si sta consumando travolga tutto.

NON SI VA DA NESSUNA parte se non si ristabilisce uno scenario credibile di democrazia che dica a quel 47% della Catalogna che vuole l’indipendenza, che si sta facendo sul serio non solo per farli votare, con un referendum concordato e riconosciuto internazionalmente, ma anche per cambiare il patto costituzionale del ’78, facendo della Spagna un paese di paesi e soprattutto una Spagna alternativa alla gestione liberista della crisi. Il punto di non ritorno è vicino, non raggiungerlo si può, ma richiede che i socialisti spagnoli decidano di uscire dall’immobilismo, dando credibilità al loro slogan «siamo la sinistra».