Prima di tutto, due dati oggettivi sull’esito del voto alla lista per “L’altra Europa con Tsipras”: l’analisi dei flussi dimostra che il miracolo del 4% in tre mesi, senza soldi e oscurati dai media, non è la semplice somma dei voti delle forze già esistenti; il più alto numero di preferenze sono state raccolte dalle personalità conosciute, da candidati dei partiti ma anche da candidati fortemente sostenuti da dinamiche sociali e di movimento.

Dai tre mesi di campagna elettorale nel collegio centro traggo due valutazioni questa volta soggettive: la maggiore capacità di lavoro sul territorio, il più grande entusiasmo, il coinvolgimento di attivisti nuovi e la capacità di reale dialogo con la cittadinanza l’ho trovata nei comitati davvero unitari – laddove tutti gli attori della lista hanno lavorato quotidianamente insieme; la stragrande maggioranza degli attivisti della lista, nelle ultime fasi di campagna, erano sicuri che avremmo passato lo sbarramento e chiedevano che l’esperienza della lista proseguisse. Tanto più lo chiedono ora.

Ci sono poi altre due considerazioni generali. La prima: la campagna elettorale è stata anche un grande corso di educazione popolare sull’Europa, che mai era stata davvero considerata come ambito prioritario di impegno politico e sociale -delegato anche a sinistra agli addetti ai lavori, pensato ancora come “politica estera” e non come spazio pubblico da occupare con l’attivismo politico e le pratiche di cittadinanza attiva. In secondo luogo il riferimento a Tsipras e a Syriza ha obbligato a rompere i confini provinciali e autarchici in cui la discussione anche a sinistra da tempo era rinchiusa, ha aiutato a ricostruire senso e necessità di alleanze e solidarietà internazionali, e a tematizzare la riconnessione fra politica, rappresentanza e mutuo soccorso popolare su cui fonda il successo della esperienza greca.

Da queste considerazioni traggo alcune primissime conclusioni, che aspetto di mettere a confronto con gli altri candidati, il comitato operativo, i garanti e i comitati nelle riunioni previste nei prossimi dieci giorni. Il primo compito a cui siamo obbligati, se non vogliamo tradire la fiducia di chi ci ha votati, è strutturare il lavoro permanente, quotidiano e territoriale della lista sul programma con cui ci siamo presentati e sul rafforzamento delle relazioni europee. Mandare in Europa tre parlamentari non sarà servito a niente, se non saremo capaci di tenere fede all’impegno di riconnettere e saldare la politica locale e nazionale con il dibattito, le alleanze, le vertenze e le lotte in Europa e nel Mediterraneo.

Bisognerà dunque dotarsi di un piano di azione, di un livello organizzativo, di strumenti per il coordinamento e la comunicazione – e questo è un obbligo che viene dal voto, non un optional da sottoporre a discussione.

Tutto questo deve valorizzare e non ridurre il senso innovativo della lista, che non è nata come un partito ma come una esperienza nuova e diversa – una sorta di movimento unitario con capacità di rappresentanza politica e istituzionale. E dunque dobbiamo essere capaci di identificare modalità democratiche e metodologie più vicine a quelle dei movimenti unitari strutturati che a quelle tipiche delle organizzazioni tradizionali – privilegiando l’orizzontalità, la collegialità, la ricerca del consenso, piattaforme programmatiche e non identitarie e così via.
Essenziale è rinunciare a pratiche muscolari o di potenza, anche se fossero orientate a fin di bene – ricordiamoci che dobbiamo dare giusto valore per esempio a comitati locali piccoli numericamente ma che hanno fatto uno splendido lavoro sul territorio…..Se strutturiamo la lista per fare il lavoro che ci siamo impegnati a portare avanti in campagna elettorale, riusciamo a tenere assieme due esigenze che altrimenti rischiano di mettersi in contrapposizione.

Vale a dire proseguire l’esperienza unitaria della lista, come dobbiamo agli elettori e come vuole la stragrande maggioranza di chi l’ha fatta, continuando il lavoro di apertura e di inclusione di altri soggetti collettivi e di singole persone. E consentire il dispiegarsi del legittimo dibattito sulle prospettive più generali della ricostruzione della sinistra in Italia, che si deve svolgere nelle sedi unitarie e all’interno delle singole componenti della lista con il tempo e le modalità necessarie perché sia serio e profondo.

Personalmente spero, come ho detto in tutte le sedi e in tutte le salse, che l’esperienza elettorale riesca davvero ad essere il primo passo verso una Syriza italiana. Ma sono anche sicura che non basta una decisione affrettata per farla, tirando per i capelli chi vuole e deve discuterne. Faremo Syriza se lavoreremo come Syriza – iniziando a praticare forme concrete di riconnessione fra lavoro sociale, politico, rappresentanza e dimensione internazionale. Non la faremo di imperio, ma continuando a lavorare insieme, sperimentando, mettendoci alla prova ogni giorno.

*Candidata della lista “L’altra Europa con Tsipras”