«Qui a Teheran, la guerra delle petroliere non ci preoccupa: negli anni Ottanta, quando le truppe irachene di Saddam Hussein avevano invaso l’Iran, la situazione era ben peggiore. In quegli otto anni di guerra, centinaia di petroliere iraniane erano state prese in ostaggio e fatte esplodere, gli americani stavano dalla parte del dittatore iracheno e ci attaccavano. Anche noi iraniani colpivamo e sequestravamo navi occidentali. Trasportare greggio era diventato molto pericoloso. Nei decenni successivi ci sono stati ulteriori sequestri di navi ed equipaggi stranieri, motivo per cui gli ultimi eventi non ci preoccupano più di tanto, siamo fin troppo assillati dalla politica interna e dalla crisi economica».

È con queste parole che lo scrittore iraniano Mehdi Asadzadeh commenta la situazione attuale. Classe 1987, vive nella capitale Teheran. Dopo la laurea in Giurisprudenza, ha lavorato come autore per cinema, teatro, radio e televisione. Si è fatto conoscere dal lettore di lingua italiana con il romanzo breve L’ariete, tradotto dal bravo Giacomo Longhi per Ponte33.

La tv di stato iraniana ha mandato in onda le immagini del dirottamento della petroliera da parte dei pasdaran che hanno accerchiato la nave, usando piccole imbarcazioni veloci, e poi si sono calati dall’elicottero. Che impressione le hanno fatto queste immagini?

Quell’azione ha messo fine alla speranza di un’intesa tra l’Iran e i paesi occidentali. C’è stato un momento in cui sembravano essere arrivati a un accordo, ma è stato spazzato via dalla nuova politica statunitense. Adesso le posizioni si sono di nuovo polarizzate, ognuno cerca di difendere i propri interessi: il Regno unito ferma una nave iraniana nello stretto di Gibilterra e, in risposta, i pasdaran sequestrano una petroliera britannica nello stretto di Hormuz. Sono queste azioni a soffocare la speranza che i rapporti tra l’Iran e i paesi occidentali possano migliorare.

Mehdi Asadzadeh

 

In quale misura i pasdaran stanno guadagnando consenso in questa continua contrapposizione con Londra e Washington?

Gli iraniani hanno sempre accolto con simpatia la politica antioccidentale dei pasdaran, anche se poi oggi la gente è molto più attenta ai problemi interni del paese e il vero consenso viene dato a quei politici che si dimostrano capaci di risolverli, proponendo soluzioni alla crisi economica. L’attuale contrapposizione non sta portando un’ondata improvvisa di consensi ai pasdaran. Semmai chi già li sosteneva continua a farlo con maggiore determinazione. Il modo in cui si sono comportati i pasdaran è considerato normale, data la situazione. La politica di Trump sta spingendo gli iraniani dalla parte del governo. È stata la sua elezione ad aver mandato in fumo tutti gli sforzi per arrivare a un accordo sul nucleare con i paesi occidentali. Gli iraniani di norma tendono a criticare il loro governo e a considerarlo colpevole di tutti i mali, ma in questo caso considerano Trump e la sua politica la vera causa della situazione che stanno vivendo a livello internazionale.

Il presidente Rohani e il ministero degli Esteri Zarif hanno rilasciato dichiarazioni sullo stretto di Hormuz, che ne pensa?

Gli iraniani non ritengono lo stretto di Hormuz cosa loro, ma lo considerano uno strumento di cui servirsi in caso di necessità. In Iran, la forte presenza militare straniera nel Golfo è comunemente sentita come una potenziale minaccia, perciò il governo si serve di tutti i mezzi a disposizione per contenerla. Il controllo sullo Stretto è una delle carte che può giocare per difendere i propri interessi internazionali ed è normale che se ne serva. Il petrolio è una delle basi dell’economia iraniana: quando gli Usa mettono il petrolio iraniano sotto embargo e nessun altro paese protesta o difende Teheran, è normale che gli iraniani utilizzino la loro influenza sullo stretto di Hormuz per creare pressione sugli Usa e i loro alleati, con l’obiettivo di preservare il commercio del loro petrolio.

È stata data notizia delle 17 spie arrestate nel 2018 e condannate a morte e a lunghe pene detentive: secondo lei perché la notizia è stata data proprio in questi giorni?

Di norma in Iran non vengono diffuse notizie sulle operazioni dell’intelligence, a meno che non ci sia una necessità in politica interna o estera. In questo caso, il messaggio è rivolto all’estero, per far sapere che già prima di quest’ultima escalation l’Iran si era confrontato con le ingerenze straniere senza però alzare i toni.

La magistratura di Teheran ha arrestato l’antropologa franco-iraniana Fariba Adelkhah. La notizia è rimbalzata sui media iraniani?

Sì, ne hanno parlato il governo e la magistratura, ma non è stata resa nota l’accusa che ha portato all’arresto. Ancora una volta, la situazione economica fa sì che la gente sia presa dai problemi quotidiani e non abbia tempo ed energia per approfondire questo tipo di notizie: passano in secondo piano.