«Finché i grossi capitali ricorreranno al mattone come strumento speculativo nessuna legge a livello locale sarà abbastanza efficace». Parla Jorge García Castaño, ex assessore comunale per la zona centro e attualmente responsabile economico del governo cittadino di Ahora Madrid, la formazione nata come sigla municipale di Podemos e ora in rotta con il partito di Pablo Iglesias. Castaño è stato uno degli artefici e dei promotori della normativa comunale per la regolamentazione degli appartamenti approvata lo scorso 27 marzo con l’appoggio del Psoe. Un severo giro di vite sul mercato degli affitti turistici, il cui effetto deterrente rischia tuttavia di restare in buona parte sulla carta per le limitate competenze del municipio in materia d’affitti. I due grandi punti deboli del decreto sono l’impossibilità da parte del comune di imporre multe (che invece a Barcellona hanno avuto un forte effetto dissuasorio), le lungaggini dell’iter per la chiusura degli immobili illegali e la difficoltà nell’individuarli senza la collaborazione dei portali di annunci.

In che cosa consiste questa legge?

La normativa, in buona sostanza, esige che qualsiasi appartamento turistico, cioè qualsiasi abitazione che venga affittata a scopo non residenziale per più 90 giorni all’anno abbia una licenza, e subordina il rilascio di questa licenza alla presenza di un accesso esclusivo e indipendente da quello del resto dei condomini.

Il decreto relegherà nell’illegalità circa il 95% degli appartamenti turistici di Madrid. Regolamentazione o proibizionismo?

Non c’è nessun intento proibizionista: anzi, la normativa consente a chiunque di affittare la propria casa legalmente per 90 giorni all’anno. L’obiettivo, insomma, non è quello di perseguire l’attività sporadica, che rientra nell’ambito dell’economia collaborativa, ma di colpire la speculazione, l’attività lucrativa prolungata e sistematica, che deve essere normata per preservare la disponibilità residenziale, evitare la lievitazione degli affitti e impedire che i grandi capitali si lancino all’assalto del mercato immobiliare.

Perché si è deciso di intervenire?

Perché la pressione turistica è cresciuta esponenzialmente durante i primi due anni di legislatura creando un problema di decoro e di convivenza, ma anche economico e sociodemografico. Un esempio su tutti: il quartiere di Lavapiés, che ha subito un aumento fulminante ed esponenziale del prezzo degli affitti, con conseguente esodo massivo dei residenti.

Perché allora non agire sul prezzo degli affitti e sulla legislazione che li regola?

Perché il comune non ha competenza in merito. Le modifiche alla legge sugli affitti competono, a diversi livelli, alla regione (controllata dal Pp, ndr) e al governo centrale: noi potevamo intervenire solo a livello urbanistico per cui abbiamo affrontato il problema sfruttando l’unico spazio di manovra possibile a livello comunale.

Ed è sufficiente?

Nemmeno città come Amsterdam o Berlino, che hanno ottime legislazioni in materia, sono riuscite a estirpare il problema, perché la questione, più che con l’urbanismo o con il turismo in sé, ha a che vedere con la finanza globale. Finché i grossi capitali potranno utilizzare il mattone come un vantaggioso strumento speculativo nessuna legge a livello locale sarà abbastanza efficace. Perché cambi qualcosa è necessaria un’iniziativa coordinata a tutti i livelli, cominciando dall’Unione europea.

Come farete rispettare la legge?

Abbiamo aumentato il numero di ispettori e stipulato accordi con società di analisi di dati per filtrare gli annunci pubblicati sui grandi portali. Recentemente, visto il volume d’affari che muove, anche l’Agenzia delle entrate ha cominciato a sorvegliare attentatamene l’affitto turistico condividendo dati fiscali che possono essere incrociati efficacemente con le altre misure di controllo. L’ideale sarebbe poter disporre di uno strumento legale, magari a livello europeo, che obblighi le piattaforme a condividere i dati con le istituzioni locali, ma finora né la Ue né il governo centrale hanno preso provvedimenti in questo senso.

Avete un filo diretto con Airbnb?

Sì, e ovviamente non sono molto contenti di questo giro di vite, anche se, in realtà, colpisce più i grandi proprietari che le piattaforme di intermediazione. Ad ogni modo farebbero bene a collaborare, perché un’entità con un modello di business così legato alle città e alla loro immagine, dovrebbe assumere un impegno a favore del territorio su cui basa i suoi guadagni.