Certo, dici, il tempo non è galantuosmo. Dieci minuti prima sei lì a sfogliare il foto album delle memorabilia rock di David Paich, sorpreso appena trentenne nell’atto di sollevare uno dei tanti Grammy award guadagnati in carriera insieme ai suoi Toto, poi si spengono le luci dell’ ippodromo di Capannelle e te lo ritrovi in carne e ossa sul palcoscenico.

Certo la silhouette non è più quella e il frac con cilindro d’ordinanza lo rendono più simile a una versione extra large del cappellaio matto di Alice nel paese delle meraviglie, ma quando si siede dietro l’enorme pianoforte, beh ci si può ancora divertire. Anche perché i «soci» di David, gente come Nathan East, il bassista che alla fine delle due ore di concerto fotografa all’impazzata i quattromila presenti, il batterista Simon Philips e soprattutto il chitarrista Steve Lukather, sono parte integrante dalla storia del rock, suonando (sono turnisti di prestigio) in molti dischi storici fra 70 e 80. Insomma, il loro mestiere lo sanno fare. E alla grande.

Il breve tour (Milano, Roma e ieri chiusura a Padova), celebra i 35 anni di carriera festeggiati nell’ambito della kermesse capitolina di PostePay Rock in Roma, a suon di classici alternati (a pochi) brani più recenti. Un repertorio – va detto – che ruota su livelli di eccellenza soprattutto sui primi album da dove attingono in abbondanza. In scaletta dal primo lavoro c’è Hold the Line (ma non il gioiellino George Porgy con la voce soul della pupilla di Quincy Jones, Patti Austin, peccato), e poi Hydra, tratto dall’omonimo concept tra progressive e pop barocco e da Toto IV, il loro quarto e più fortunato album, Rosanna e Africa. Sono classici da fm, circoscritti negli anni 80, a cui la band non ha saputo dare degno seguito. Ma sono canzoni che bastano per proporsi in un adrenalinico live set.

Alla voce, basco schiacciato in testa, è tornato Joseph Williams (figlio del compositore John), non al livello del primo e insuperato Bobby Kimball, ma capace di toccare le note alte dei pezzi più frenetici, come White Sister o la minore Better world. E se nelle tracce più recenti l’ispirazione latita, a coprire tutto ecco i lunghi assoli di Lukather le svisate al basso di Nathan East o il drumming esplosivo – magari poco alla moda è un po’ baraccone a tratti – di Simon Philips. Non li lasciano andare dopo 120 minuti sul palco. E loro tornano, ligi al dovere. Gli si perdona anche una versione sottotono della ballad 99, forse il loro capolavoro. Rock in Roma non si ferma, martedì 25 i Korn e a luglio in sequenza fra gli altri propone: Iggy Pop (4), Rammstein (9), Bruce Springsteen (11), Mark Knopfler (13), Smashing Pumpkins (14), Atom For Peace (16), Deep Purple (22), Neil Young & Crazy Horse (26), Sigur Ros (28), Blur (29).