Sarà Andrzej Duda, candidato del partito di estrema destra Giustizia e Libertà (PiS) a insediarsi nel Palazzo del Belweder. Al presidente uscente Bronislaw Komorowski del partito liberale di Piattaforma civica (Po) non è bastato conquistare 9 voivodati su 15 per sconfiggere il delfino dei fratelli Kaczynski. Il rischio dell’orbanizacja della politica nazionale, in riferimento al populismo conservatore del premier ungherese Viktor Orbán, è adesso dietro l’angolo.

Come di consueto, il PiS ha potuto contare su un sostegno massiccio da parte dell’elettorato rurale, ma anche delle varie categorie professionali vicine a Solidarnosc, incluse le famiglie dei minatori delle città fantasma della Slesia. A natale scorso, il comparto del carbone ha proclamato lo stato di agitazione, quando il governo targato Po della premier Ewa Kopacz aveva minacciato la chiusura di alcuni stabilimenti in perdita.

Ma la vera chiave di volta del successo di Duda è da ricercare altrove. Il candidato del PiS è riuscito a strappare al secondo turno la maggioranza dei voti degli zmieleni letteralmente, i giovani «frantumati», sostenitori dei collegi uninominali che avevano votato al primo turno per il rocker e candidato indipendente Pawel Kukiz, premiato durante la prima tornata elettorale con ben il 20.77% delle preferenze.

Sebbene la crescita economica di Varsavia continui a beneficiare di un vento in poppa positivo, gli strascichi dello scandalo «waitergate» che aveva travolto l’estate scorsa il partito del Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, sono stati più gravi del previsto. Le conversazioni di alcuni politici registrate con delle cimici nascoste in alcuni ristoranti della capitale polacca avevano messo in forte imbarazzo il Po, costretto poi a ricorrere alla fiducia del Sejm, la camera bassa del parlamento.

Eppure, durante il braccio di ferro pre-elettorale Komorowski aveva conseguito una piccola vittoria riuscendo a ratificare la convenzione europea di Istanbul contro la violenza nei confronti delle donne, a dispetto dell’opposizione della chiesa polacca e del partito del neo presidente del PiS.
Duda dovrà coabitare con l’esecutivo della Kopacz per alcuni mesi, almeno fino alle elezioni parlamentari in programma a ottobre prossimo.
Un periodo relativamente breve nel quale, Andrzej Duda potrebbe mostrarsi un presidente dal veto facile, proprio come il suo ex-mentore Lech Kaczynski scomparso cinque anni fa nella strage aerea di Smolensk.

Duda ha paventato una repolonizacja dei media e delle banche. Eppure l’allarmismo da parte delle agenzie di rating e investitori appare per il momento eccessivo: la costituzione polacca non consente infatti di mettere il veto a provvedimenti in materia economica e fiscale.

Le linee di indirizzo nell’elaborazione della politica energetica dell’Unione Europea potrebbero invece irrimediabilmente cambiare dopo il risultato di ieri. Duda ha confermato la sua opposizione ad ogni politica di dekarbonizacja del paese. La pressione da parte delle lobby delle fossili a Bruxelles sembra destinata così a subire una brusca intensificazione nei prossimi mesi.