Alexis Tsipras è pronto a firmare una soluzione di compromesso con i partner europei. Il suo staff economico ha già preparato una proposta che oggi sarà discussa alla riunione dell’ Euroworking group a Bruxelles e domani, qualora sarà ritenuta compatibile con le condizioni poste alla Grecia, verrà esaminata in un’altra riunione dell’ Eurogruppo che dovrà decidere di conseguenza.

La proposta è stata elaborata da Atene in base alla bozza del commissario per gli Affari economici, Pierre Moscovici, considerata più vicina alle posizioni del governo greco e non a quella presentata dal presidente dell’Eurogruppo, Dijsselbloem, che esprime le posizioni degli «irriducibili» con a capo Wolfgang Schauble. Secondo fonti di Megaro Maximou, sede del governo greco, Tsipras chiede l’ estensione di sei mesi del «contratto di prestito» con condizioni da trattare, ma non la proroga dell’ intero programma firmato tra i governi precedenti e i creditori internazionali (Fmi, Ue, Bce). Il ragionamento – e tutto sommato questa retromarcia- di Atene, dopo l’ ultimatum imposto da Bruxelles, è semplice: «siamo pronti a pagare ciò che la Grecia deve ai suoi creditori, ma l’ austerità è finita».

La Grecia, inoltre, si impegna a non prendere iniziative unilaterali che potrebbero appesantire il bilancio dello Stato e a concordare le proprie mosse con i partner europei. Prenderà, invece, misure che non costano alle casse dello Stato per far fronte alla difficile crisi umanitaria.

Ieri, infatti, la vice ministra dell’economia, Nadia Valavani, ha presentato in parlamento le nuove misure che permetteranno ai cittadini che hanno accumulato debiti verso lo Stato, di poter regolarizzare la loro posizione ricorrendo sino a cento rate mensili. Un’ulteriore segnale per mostrare che il paese ha bisogno di respirare, di liberarsi dalla pesantissima cappa creata dall’austerità.

Il problema greco per l’Eurogruppo, invece, e inanzitutto per Berlino ha una sola soluzione: l’estensione del programma di aiuti nella sua interezza, cioè in grado di consentire all’Ue di verificare gli impegni prima di versarle gli aiuti.

Uno spiraglio per trovare una soluzione di compromesso entro il 28 febbraio lo danno cinque paesi (Italia, Francia, Belgio, Austria, Cipro) che pur chiedendo l’estensione del programma attuale, lasciando aperta l’eventualità di un alleggerimento, si schierano a favore di concedere maggior tempo alla Grecia. «Un piano B non c’è» avverte Pierre Moscovici, in sintonia con gli altri rappresentanti delle istituzioni Ue, disposti a concedere flessibilità ma solo in cambio del rispetto degli impegni.

Da notare che nonostante l’impasse, nessuno dei politici evoca il rischio «Grexit», ma nonostante questo, ieri, gran parte della stampa internazionale riferiva di un possibile ritorno della Grecia alla dracma.

E ieri – intanto – con una larga maggioranza è stato eletto il candidato presidente della Repubblica, proposto dal Syriza-Anel, nonostante le lamentele di alcuni dirigenti in seno alla sinistra radicale. Prokopis Pavlopoulos ha raccolto 234 voti sui 300, ottenuti da Syriza, gli Indipendenti greci (Anel), Nea Dimokratia. To Potami (Il Fiume) ha proposto come candidato presidente della Repubblica, il costituzionalista Nikos Alivizatos, proveniente dall’area del centro-sinistra, appoggiato pure dai socialisti del Pasok. Il loro candidato ha ottenuto 30 voti.

I parlamentari di Chrysi Avghì (Alba Dorata), il partito nazista, così come i comunisti del Kke hanno deciso di astenersi. Da registrare, inoltre, il tentativo fallito dell’ ex premier Antonis Samaras di formare in chiave anti-Syriza «un fronte comune tra le forze filo-europee», come le ha definite.

Evanghelos Venizelos, leader del Pasok e Stavros Teodorakis, presidente del «Fiume» hanno risposto che preferiscono per il momento di tenere una posizione di attesa. Il premier greco ha informato ieri ambedue i leader dell’ opposizione sull’andamento delle trattative con i partner europei.