All’alba delle primarie aperte simultanee ed obbligatorie (Paso) che si terranno oggi in Argentina, esiste una sola certezza: a vincere sarà un peronista, dato che praticamente tutti i candidati in lizza per una porzione d’elettorato degna di nota, pescano dall’eredità del vecchio general Peron. In gioco, c’è la possibilità di presentarsi alle elezioni legislative di fine ottobre, superando una soglia di sbarramento dell’1,5%, che equivale a una formalità per le grandi coalizioni o una roulette russa per i piccoli partiti, che rischiano di non poter nemmeno tentare l’ingresso in Parlamento. Di fatto, però, l’importanza di queste votazioni non sarà tanto istituzionale, quanto politica, dato che serviranno soprattutto a sapere se il progetto di Cristina Kirchner piace ancora alla maggior parte degli argentini, oppure no.

Dei 24 collegi in cui è stato diviso il Paese, quello che conta è soprattutto uno: la provincia di Buenos Aires. Qui, sarà votato il maggior numero di parlamentari tra quelli che stanno correndo per un seggio. 35 onorevoli, su 152 tra deputati e senatori candidati. Qui, risiede più del 33% degli aventi diritto al voto. 11 e passa milioni, su circa 30 milioni e mezzo totali. Qui, le principali forze politiche hanno schierato le loro divisioni corazzate, per giocare una partita che durerà fino alle presidenziali del 2015.
Da un lato, c’è il sindaco della località fluviale di Tigre, Sergio Massa. L’uomo nuovo dell’opposizione, è una vecchia conoscenza del governo Kirchner, visto che ne fu ministro tra il 2008 e il 2009. I rapporti con l’attuale amministrazione si guastarono irrimediabilmente quando WikiLeaks fece sapere che Massa riteneva l’ex presidente Nestor «uno piscopatico, un mostro e un codardo». Finora, la sua strategia di campagna è stata quella di porsi come figura in grado di riconciliare la società argentina, spaccata tra kirchneristi e anti-kirchneristi. Per questo, nel suo programma compaiono quasi tutte le principali proposte delle 87 coalizioni avversarie.

Per esempio, i sussidi ai figli dei disoccupati e gli incentivi per il lavoro giovane, iniziati dal governo di Cristina. Leggi più dure contro la criminalità di strada, una magistratura indipendente e il controllo dell’inflazione, chiesto dai neoliberali di centrodestra; o la riduzione delle tasse ai lavoratori dipendenti e l’aumento delle pensioni, promosso dalle piccole forze della sinistra non peronista. Come new entry, anche se ottenesse un successo eclatante, Massa non potrà portare in Parlamento una forza di peso, però, potrà dimostrare di essere il tipo giusto per diventare il prossimo presidente.

Per affrontarlo, la Kirchner ha scelto Martin Insaurralde, il sindaco di un altro comune dell’interland della capitale, che però è molto più popoloso rispetto alla bella Tigre: Lomas de Zamora. Come Massa, Insaurralde ha poco più di 40 anni, il suo volto è meno noto al grande pubblico, ma ha dalla sua una storia personale romantica: ha sconfitto il cancro durante la campagna che nel 2011 lo ha portato al secondo mandato in Municipio, senza mollare mai il megafono neanche nei momenti duri della chemio.
Politicamente, promette di tenere la rotta seguita negli ultimi 10 anni dai governi Kirchner: Stato sociale, interventismo economico e centralismo sull’esecutivo. Come candidato, gode dei successi di Cristina, quali possono essere la riduzione della povertà o l’aumento dell’occupazione e dell’istruzione. D’altra parte, è anche vincolato ai suoi fallimenti. Per esempio, i ripetuti scandali per corruzione, il continuo aumento dei prezzi e i furti violenti che colpiscono soprattutto il ceto medio.

I sondaggi danno vincente Massa per circa 5 punti. Ma Insaurralde ha recuperato consensi nelle ultime settimane e, dopo che la campagna si è chiusa con 72 ore d’anticipo sull’apertura dei seggi, per rispettare il lutto decretato in seguito all’esplosione di un edificio nella città di Rosario, è difficile indovinare chi sarà il campione. Al di là di questa sfida a due, le Paso daranno soprattutto una prospettiva probabile sul risultato delle imminenti midterm. Probabile, ma non certa, visto che l’unica altra volta che in Argentina si è realizzato un’elezione di questo tipo, due mesi prima delle presidenziali 2011, Cristina vinse sì l’una e l’altra tornata, ma i Socialisti, per esempio, raddoppiarono i loro voti.
Se quindi di qui a ottobre il popolo non darà un segnale di dissenso chiaro alla Casa Rosada, difficilmente questa cambierà politica. Nel 2009, perse di poco la maggioranza al Congresso e governò comunque attraverso i decreti, fino alle successive votazioni. Ciò che un kirchnerismo in minoranza parlamentare però non potrebbe mai fare, è rompere il principale tabù sul suo futuro: riformare la Costituzione e permettere a Cristina la candidatura a un terzo mandato consecutivo.