Pratiche, lotte e resistenze. Saranno loro a prendere parola nei workshop che il convegno internazionale sul comunismo sul concetto e la pratica del comunismo prevede accanto alle conferenze principali. Questi incontri seguiranno gli stessi temi delle conferenze, analizzandone la portata con la molteplicità delle visioni da caleidoscopio: si confronteranno attivisti e studiosi per tracciare la fisionomia di quel crinale, posto tra prassi e teoria, sul quale dobbiamo stare per scardinare questo iniquo reale.

La costellazione delle esperienze nate negli anni duri dell’austerity raccontano di teatri sottratti all’oblio e donati a una programmazione spregiudicatamente bellissima, di hotel di lusso che invece di essere monumenti al fallimento sono diventati i posti dell’accoglienza, di centri sociali che offrono servizi di doposcuola per i migranti, di una moltitudine che riscopre in un umanesimo fattivo gli istinti e i moti e la commozione che cent’anni fa fecero dire in un ottobre che non dimentichiamo «comunismo».

E PARLANO molte lingue diverse questi testimoni di una rivoluzione che ha già le sue trame e non è solo eterno avvenire. E costruiscono una geografia solidale in cui l’Europa, come laboratorio di solidarietà e «messa in comune» e attenzione alle diseguaglianze e apertura all’altro, è davvero quella pensata nel sogno di Ventotene e non quella del ricatto alla Grecia, dei prestiti alle banche, dei muri ai migranti.

«I tempi che viviamo – ci dice Giuseppe Caccia, del collettivo Euronomade – potrebbero vedersi il materializzarsi gli incubi peggiori, a partire da nazione e razza. Ma non di meno nella loro incertezza e imprevedibilità, potrebbero essere fecondi di rotture positive. Portatrici di relazioni incardinate su libertà ed eguaglianza. Pratiche, sociali e istituzionali, più diffuse di quanto si pensi in tutto il continente, sono le fondamenta possibili della costruzione di una ipotesi politica alternativa, tale da non essere costretti alla scelta, mistificata, tra difesa dello status quo e regressione sovranista. Essere comunisti oggi in Europa significa provare a inerpicarsi su questo stretto e ripido sentiero».

DALLA TORRE DI MACAO, occupata a Milano nel 2012 per farne un centro di cultura e ricerca, al Teatro Valle espropriata alla comunità in un rigurgito di restaurazione dal Comune di Roma, che ha sostituito a un luogo aperto e vivissimo e commovente una saracinesca chiusa. Dall’Hotel City Plaza, che in un quartiere residenziale di Atene ha dato dignità a 400 migranti alle occupazioni di Barcellona, prodromi dell’affermazione di Podemos. Dal Maam, diventato un vivo polo espositivo per salvare la preesistente occupazione di africani e sudamericani, all’Ex Asilo Filangieri di Napoli, bene comune per delibera municipale. Capita così che quello spettro che girava per l’Europa trovi ancora il modo di farsi sostanza ubiqua. E, come cento anni fa, chiede ancora un mondo più equo, un mondo più bello.