«Per noi quell’accordo è carta straccia». Non usa mezzi termini il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, sull’intesa siglata tra Invitalia e ArcelorMittal. Il primo cittadino, che giovedì ha consegnato la fascia tricolore al prefetto in segno di protesta (insieme ad altri sindaci della provincia) e listato a lutto le colonne doriche alle porte della città, non ha mai digerito il mancato coinvolgimento del territorio.

«La prospettiva che il Governo pone è troppo lunga – afferma -. Prima del 2022 non cambia niente e non ci sono investimenti importanti dal punto di vista tecnologico. A gennaio ci saranno altre 3mila persone in cassa integrazione. L’orizzonte che traccia il premier ci interessa ma oggi – conclude – ci viene chiesto almeno fino al 2025 di sacrificare ancora la salute dei tarantini: non possiamo accettarlo. Volevamo più coraggio, più investimenti dal Recovery plan e interventi che partissero subito». Per questo rimanda il governo al «Tavolo per la sottoscrizione dell’Accordo di Programma per la bonifica, il risanamento ambientale, la riconversione e lo sviluppo del polo siderurgico di Taranto» convocato dalla Regione Puglia, a cui dovrebbe partecipare anche il premier.

Il presidente Michele Emiliano ha usato toni ancora più duri, definendo l’intesa «una scelta scellerata e inconcepibile». «Tutta la maggioranza di governo della Regione da me consultata in conferenza dei capigruppo, cui si è aggiunta la capogruppo del M5S, esprime netto dissenso su un accordo che non tutela la salute dei tarantini e il nostro ambiente» afferma Emiliano. «Sconvolge che l’accordo venga siglato contemporaneamente al programma dell’Ue Next Generation: l’Italia e Taranto non godranno degli aiuti europei per rendere green le acciaierie e sarà lo Stato a ricostruire il mostruoso altoforno 5 a carbone» conclude il governatore che ha promesso ferrea opposizione alla realizzazione del piano.

Ma se Comune e Regione avrebbero voluto un impegno maggiore sul versante della transizione energetica del siderurgico più grande d’Europa, le associazioni ambientaliste locali prendono le distanze sia dalle scelte del governo che dagli enti locali, a cui rimproverano di non aver fatto abbastanza. Affermando che «le false indicazioni tecniche di Melucci ed Emiliano spacciano per miracolosa l’improbabile decarbonizzazione degli impianti, un progetto che, prevedendo la sostituzione di un combustibile fossile (carbone) con un altro (metano), non cancellerebbe le emissioni nocive. Quello stabilimento va fermato, i miliardi che lo Stato vuole investire in fantasiosi piani industriali vanno utilizzati per smantellare e bonificare la fabbrica tutta, riqualificando le attuali maestranze».