“Matteo, Matteo, Matteo”. Non Salvini né Renzi acclama il popolo di Prato, piuttosto il “suo” sindaco Biffoni che, alla prova del ballottaggio, schianta la destra di Daniele Spada con un netto 56,1% (42.199 voti) contro il 43,9% (32.992). Un risultato che premia un ricandidato sindaco partito sfavorito ma in grado, con l’aiuto di un Pd capace di mobilitare iscritti e simpatizzanti dopo lo sfregio della manifestazione di Forza Nuova del 23 marzo scorso, di ribaltare il pronostico.
La partita di Prato finisce con l’oscurare perfino la fortemente simbolica vittoria di Luca Salvetti a Livorno, anch’essa netta, con il giornalista di Granducato Tv, senza tessera di partito ma scelto dai dem, che sbaraglia la destra di Andrea Romiti con un eloquente 63,3% a 36,7%, con 42.186 voti per Salvetti e 24.440 preferenze per Romiti. Un distacco di ben 18mila voti che rende gloria a Bobo Rondelli, pur sostenitore di Buongiorno Livorno, che con la sua molletta sul naso e la cuffia in testa (“altrimenti ci ritroviamo a nuotare in un mare di m…”) ha iconograficamente dato la linea alla forte componente cittadina collocata alla sinistra del Pd. Ringraziata, pubblicamente, dallo stesso neo sindaco.
In una Toscana dove erano al ballottaggio diciassette municipi oltre i 15mila abitanti (oltre ai capoluoghi provinciali Prato e Livorno anche Cortona, San Giovanni Valdarno, Borgo San Lorenzo, Figline Incisa, Cecina, Collesalvetti, Piombino, Rosignano Marittimo, Ponsacco, Pontedera, San Miniato, Agliana, Monsummano Terme, Colle Val d’Elsa e Signa), soltanto Cortona, Agliana e Piombino vanno alla destra a trazione leghista. Guardando al dato del primo turno, che vedeva Pd e alleati già mattatori, visto che su 187 municipi ne avevano conquistati 130, lasciando a Salvini &c. ben poco (Montecatini, Massarosa e altri piccoli centri), il test politico toscano – 187 appunto i comuni al voto su 273, complessivamente due milioni e 308mila abitanti dei circa tre milioni e 700mila che vivono nella regione – ha dato risultati chiari. E in netta controtendenza rispetto alle amministrative 2018, dove d’un colpo Pisa, Siena e Massa erano state conquistate dalla trimurti della destra Lega-Fi-Fdi, molto forte anche in Versilia. Lucchesia, e più in generale nella Toscana “profonda”.
In vista delle elezioni regionali del prossimo anno, con la leghista sindaca di Cascina, Susanna Ceccardi, già in pista e in cerca del colpo grosso, la competizione si fa fin d’ora intrigante. Anche perché in Toscana resta forte l’imprinting di Matteo Renzi sul Pd regionale, vedi Simona Bonafè segretaria, e questa variabile peserà non poco. Sia sulla scelta del candidato presidente, che su quella delle possibili alleanze con il partito tricolore.
La sensazione è che non basterà il pur forte richiamo “frontista”, rispetto a un elettorato diventato quanto mai fluido, e voglioso di dire la sua anche al di là delle collocazioni ideali dei singoli. A riprova, la battaglia civile avviata dai sindaci della Piana fiorentina e pratese contro il progettato aeroporto intercontinentale di Peretola, con Biffoni in prima fila mentre Dario Nardella, Enrico Rossi, Eugenio Giani e Matteo Renzi sono sul fronte opposto, è stata un tassello importante (se non decisivo) per la vittoria del rieletto sindaco pratese.
La dimostrazione che le scelte locali sono un fattore essenziale arriva da due storiche città operaie toscane: a Piombino si impone largamente Francesco Ferrari, avvocato con tessera Fdi, capace però di compattare la popolazione nel segno di un (molto) propagandato civismo municipale – vedi lo slogan “io do voce ai cittadini” – a fronte peraltro di un Pd fallimentare nelle decisioni politico-amministrative. Mentre a Pontedera, la città della Piaggio, il dem Matteo Franconi ha vinto all’ultimo tuffo (51,6%) il ballottaggio con la destra di Matteo Bagnoli (48,4%).
Sul punto, sul dorso toscano de “la Repubblica”, il prof Emanuele Rossi del Sant’Anna di Pisa, ha dato la sua chiave di lettura: “La Lega sta mietendo consensi nell’elettorato operaio e popolare, di cui finora era padrona incontrastata la sinistra. È una tendenza di cui gli schieramenti politici alle regionali dovranno tenere conto”. Ma la vittoria del Matteo che non è né Salvini né Renzi, nella terza città del centro Italia, anch’essa operaia e popolare, indica anche altre, interessanti tendenze.