Questa è la cronaca esemplare, nel senso di simile a tante altre, di che cosa significa per una giovane coppia comprare un appartamento a Milano nel 2021. Come succede in molte zone preda della gentrificazione, un’impresa acquista un immobile in un’area in crescita, lo sventra, lo rinnova, lo vende parcellizzato. Al compromesso dal notaio si presenta il titolare della ditta imprenditrice che, appena arrivato dal Veneto e orgoglioso di abbronzatura, abito gessatone, rolex e Maserati dichiara che lui di edilizia non capisce niente, gli interessa solo l’affare che significa trovare una banca che gli dà i soldi per ristrutturare e rivendere a un prezzo molto conveniente per lui puntando su muri e impianti nuovi, parcheggio, ingresso con portineria, ampi terrazzi che ora sono la cosa più ambita.
La giovane coppia, non riuscendo a far spostare nemmeno una presa perché le modifiche costerebbero un casino, si affida a un mobiliere della Brianza per adattare agli errori di progettazione i mobili della cucina. Arriva l’agognato giorno del montaggio e…Sorpresa. La spalletta di un mobile finisce proprio contro il tubo del lavandino. Il mobiliere dice «Errore mio, pago io lo spostamento del tubo». Una squadra di esperti (muratore e idraulico) in divisa, occhiali scuri e valigette professionali in poche ore sistema la cosa e due giorni dopo manda la fattura: mille euro.

NEL FRATTEMPO, la giovane coppia ha convocato un idraulico per collegare il lavandino della cucina perché il mobiliere si è rifiutato di farlo. L’idraulico è un bergamasco efficiente e puntuale che però si muove solo se pagato in nero e ai due non resta che accettare anche perché il lavandino gli servirebbe. Mentre fa il suo lavoro, l’idraulico smoccola contro i vaccini «Che chissà che cosa c’è dietro» e contro «Quelli là», riferendosi al muratore egiziano che sta rasando un pezzo di muro o al ragazzo con forte accento pugliese che sta coibentando, seduto su un secchio di plastica, le tubature del raffrescamento.
Per segnare le distanze dall’idraulico, la giovane coppia comincia a dialogare con l’impiantista e gli chiede se è pugliese. Lui risponde «Eh no, sono di un paese vicino a Bari». Siccome non gli sembra bello addentrarsi in lezioni di geografia, spostano la conversazione sul suo mestiere e lui racconta che lavora per una ditta di giù che porta su lui e i suoi compagni una volta al mese, li mette a dormire tutti in un appartamento e li fa lavorare per dieci o quindici giorni.

QUANDO HANNO FINITO li riporta giù e poi di nuovo su quando serve, insomma un lavoro a chiamata, e forse a caporalato, a lunga distanza.
Acquistando un appartamento, la giovane coppia si è affacciata, oltre che ai terrazzi, sulla speculazione immobiliare che arricchisce chi manovra i soldi ma non i mattoni, su un’impresa che fa fare i lavori pesanti a muratori egiziani, quelli di fino a una ditta regolare ma con tariffe svizzere, quelli noiosi a impiantisti a chiamata che fanno la spola fra Bari e Milano, su un mobiliere brianzolo che perde un sacco di soldi perché non sa prendere le misure e su un idraulico bergamasco evasore e no vax. Bei tempi quando esistevano le cooperative edificatrici.
C’è anche un articolo della costituzione che le garantirebbe, il n. 45, e che dice: «La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata». Per restare a Milano, la prima Società Edificatrice fu quella di Niguarda e nacque il 4 marzo 1894. Se la politica volesse, potrebbe incentivarle, ma bisogna volerlo, e qui sta il problema.

mariangela.mianiti@gmail.com