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Compagno Sabbiolino

Compagno SabbiolinoSabbiolino

Miti/Un pupazzo animato nato nella Ddr, ancora oggi in onda in Germania Il comunista più carino del blocco orientale, è ora simbolo dell’infanzia tedesca riunificata. Il rapporto con il rock

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 27 marzo 2021

Che la vita nella Germania est, ad eccezione degli anni meravigliosi dell’infanzia, venga non di rado descritta ricorrendo allo storytelling del grigiore è insieme cifra e metafora dello scollamento tra l’allora regime e i reali bisogni dei suoi cittadini. Lo si ritrova nella memoria collettiva degli Ossis (i tedeschi dell’Est) come nei racconti di chi, per turismo o per lavoro, ebbe modo di affacciarsi anche solo una volta nella Repubblica Democratica. Ma c’è di più. Una canzone, anzi una vera e propria hit per le naïf classifiche pop della Germania est degli anni Settanta: Du hast den Farbfilm vergessen («Hai dimenticato il rullino a colori»), degli Automobil capitanati da Nina Hagen. Già, proprio lei: tanto «regina del punk» a Ovest quanto, nella sua prima vita, ragazza acqua e sapone a Est.

IL RIMPROVERO
Personaggio complicato e brillante, nella Ddr Hagen raggiunse la notorietà proprio con Du hast den Farbfilm vergessen, orecchiabile rimprovero nei confronti del povero Micha, fidanzatino reo di aver dimenticato il rullino della macchina fotografica proprio nel giorno della tanto attesa gita sul Baltico… ti sei dimenticato il rullino a colori, mio Michael, ora nessuno crederà a quanto è bello vivere qui, le foto sono tutte blu, nere e verdi e non più vere. Una satira feroce.
Se per molti la perestrojka è stata il solo, inaspettato, tocco di colore nel grigio cielo brezneviano sopra il patto di Varsavia, non c’è allora da sorprendersi se il titolo di «unico vero vincitore della Ddr» sia finito addirittura a un pupazzo animato per bambini: il coloratissimo Unser Sandmännchen, «il nostro Sabbiolino».
Era il protagonista dell’Abendgruß, il «saluto della sera», un programma che accompagnava a nanna i fanciulli e che andava in onda ogni giorno sul primo canale della tv di Stato. Una sorta di Carosello, ma in salsa socialista: grazie al suo cappello a punta, il pizzetto (un omaggio a quello del leader socialista Ulbricht) e un riuscitissimo mix tra carisma della vecchiaia e dolcezza dell’infanzia, Sabbiolino era di gran lunga il comunista più carino di tutto il blocco orientale.
La cosa davvero incredibile è che le avventure del personaggio – ultimo discendente, con la sua sabbia magica che faceva addormentare i piccini, del mito dell’omino della nanna, vedi Ole Chiudigliocchi di Andersen – vanno in onda ancora oggi, intorno alle 19, sui canali della Germania finalmente riunificata. Sandmännchen è così, da un lato, l’unico vero vincitore della Ddr, ovvero l’unico prodotto che ce l’ha fatta, vincendo la sfida con il suo diretto competitor occidentale (l’altro Sabbiolino, il «fratello sfortunato» dell’Ovest, dimenticato dai palinsesti dopo la caduta del Muro); dall’altro, è un campione della riunificazione dell’infanzia tedesca perché, seguendo gli stessi binari della storia e della politica, ma partendo da Est, ha annesso al suo mondo tutti i bambini della Germania.
Anche grazie alla ribalta internazionale di Goodbye Lenin! (compare all’inizio e alla fine del film), Sabbiolino è poi diventato uno dei miti più fulgidi del fenomeno Ostalgie, la «nostalgia dell’Est», che non è affatto il rimpianto ideologico del socialismo che fu, piuttosto l’ingenua risposta allo shock per la scomparsa di un mondo: è il senso di un’infanzia ormai perduta, depauperata di ogni valenza politica. Nessun sasso, o quasi, della vecchia Ddr è infatti rimasto al proprio posto.

QUELLE NOTE
La musica, beh… quella sì, in parte è rimasta. Perché, come l’infanzia, è notoriamente tra i più straordinari antidoti ai traumi della Storia. La canzone di Sabbiolino, ad esempio, è un vero e proprio inno che per molti tedesco-orientali suona oggi decisamente più patriottico del vecchio (e persino poco apprezzato dai vertici della Ddr) Auferstanden aus Ruinen. E sulle sue note Sandmännchen arrivava (e ancora arriva), ogni sera, sempre alla guida di un mezzo diverso: dall’automobile all’aeroplano, dal trenino all’ultimo ritrovato sovietico per l’esplorazione del cosmo. Eh sì, perché da quelle parti si era fieramente cosmonauti, giammai astronauti! Concepito in piena Guerra Fredda come risposta al Sabbiolino della tv di Berlino ovest, Sandmännchen venne fin da subito impiegato nella Ddr come testimonial della presunta avanguardia tecnologica socialista: poteva difatti contare su un garage sterminato e viaggiare, in pratica, senza limiti o restrizioni mentre il povero papà del bimbo, a casa, doveva aspettare la bellezza di dieci lunghi anni per una Trabant, oltre a fare i conti con uno Stato che aveva deciso di chiuderlo ermeticamente dietro un muro di cemento e filo spinato. Sabbiolino, a suo modo, era dunque un privilegiato e un rivoluzionario, con il sistema e contro il sistema. Proprio come l’intellettuale «tipo» della Ddr, la cui schizofrenica (ma comprensibile) condizione ha spinto il sociologo Claus Offe a sentenziare che in campo artistico non è stata la letteratura, bensì la musica a svolgere un ruolo di opposizione. E anche Thomas Brussig, nel suo romanzo In fondo al viale del sole, ricorda come una canzone veniva enormemente rivalutata se si diceva che era proibita.

MESSE BLUES
Le note come arma di dissenso e ribellione: ne erano un affascinante esempio le messe-blues che si celebravano nelle chiese protestanti, lì dove si beveva, si fumava e si cantava (dando molto da fare alla Stasi). A fronte della mancanza, fino al 1989, di un antagonismo collettivo (a fare la vera rivoluzione erano i fuggiaschi), ecco che in Germania est la musica – e la scena punk in particolare – offriva ai ragazzi la chance, magari illusoria, di ribellarsi a un sistema che li voleva controllati e irreggimentati. Fin dagli anni Cinquanta, infatti, i grigi burocrati del Sed avevano provato, senza successo, ad arginare l’inevitabile diffusione del rock’n’roll inventandosi, dal nulla, anche una nuova danza, il Lipsi: ballerini a debita distanza e divieto assoluto di muovere il bacino. Roba asessuata, un fallimento.
A riprova che dalle parti di Pankow («live in Mosca, live in Budapest, live in Varsavia, live in Sofia, live in Praga, live in Pankow… Haupstadt der DDR!», come ricordavano anche i CCCP) la molesta «ribellione musicale» fosse mal sopportata (se per questo la Stasi indagava pure sulle barzellette), c’è da segnalare il trattamento riservato, nel 1976, al più noto cantautore del paese, originario dell’Ovest ma pur sempre socialista: Wolf Biermann. Messo all’indice e alla porta, senza troppi complimenti.

RIBELLI
E a proposito di ribelli, una menzione particolare meritano i Klaus Renft Combo del leggendario Klaus Renft, il «Mick Jagger dell’est»: costretti allo scioglimento perché non allineati, tra le loro hit spicca Kinder, ich bin nicht der Sandmann («Bambini, io non sono Sandmann»), eclatante presa di distanze dal mainstream del nostro caro Sabbiolino.
Alla fine, il mito di Sandmännchen è però sopravvissuto anche al crollo del socialismo prussiano e del suo regime, lo stesso che (fin dalla prima puntata, 22 novembre 1959) volle servirsene per trasmettere «importanti significativi politici attraverso le emozioni». A conti fatti, dunque, l’infanzia ha vinto e la propaganda ha perso. E così, ancora oggi, l’inno di Sabbiolino risuona nelle orecchie e nei cuori di tutti i bimbi tedeschi, quasi a voler svelare come infanzia e musica, in fondo, non possano fare a meno l’una dell’altra. Le note, come i bambini, hanno la loro «patria» e il loro linguaggio, per natura mai chiusi o sordi al divenire.

*giornalista, autore del documentario «Good Bye Vietnam! L’Italia e l’avventura dimenticata dei boat people», ha pubblicato il suggestivo saggio «La Repubblica di Sabbiolino – Ddr… ma non troppo!» (Albatros Il Filo, 2020)

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