«Ce lo siamo ripetute spesso: se non avessimo occupato, questo sarebbe ancora un luogo di spaccio e abusi», dice Fatima, studentessa della Sapienza e attivista del centro sociale Communia. Siamo a San Lorenzo, a pochi passi dal luogo in cui il 20 ottobre scorso è stata uccisa Desirée. Scendendo da via dei Lucani e svoltando a destra su via dello Scalo si incontra un cancello rosso. Sulle grate è appeso un cartello: «Violenze, spaccio, eroina. San Lorenzo libera! Ciao Desirée». L’edificio è parte del complesso in cui si sono consumati lo stupro e l’omicidio della sedicenne. Quando il 7 settembre 2013 studenti e precari sfondarono un muro ed entrarono nei locali delle ex officine Piaggio, si trovarono davanti un panorama molto simile a quello scoperto dai medici del 118 e dai vigili del fuoco accorsi per soccorrere Desirée.

SIRINGHE, BOTTIGLIE, SPAZZATURA, fogne al collasso, pareti imputridite. Una vera e propria discarica, utilizzata anche per consumare droga e forse spacciare. I ragazzi, però, non si scoraggiarono. Con impegno e tante ore di lavoro ripulirono le cinque sale che compongono il centro sociale occupato. Oggi, dentro Communia convivono diversi progetti: una sala studio frequentata quotidianamente da 40/50 studenti, con picchi più alti durante le sessioni d’esame; la sartoria Karalò, nata dall’incontro tra richiedenti asilo e operatori sociali, che garantisce una piccola occupazione a cinque ragazzi africani; un collettivo femminista attivo nel quartiere e parte del movimento nazionale Non Una Di Meno. Tra le mura dello spazio sociale si svolgono settimanalmente dibattiti e momenti di formazione, proiezioni di film e presentazioni di libri. Ogni anno si tiene il festival «Letteraria».

«IL NOSTRO CENTRO SOCIALE è una “safe zone”. Cosa significa? – continua Fatima – Che quando ospitiamo delle serate, il collettivo femminista distribuisce delle regole di comportamento utili a proteggere le ragazze che attraversano lo spazio. Tutto si concentra intorno all’idea del rispetto del consenso nelle relazioni tra uomini e donne. Esistono anche delle referenti pronte a intervenire in caso di problemi. La movida è spesso teatro di episodi sessisti e machisti. Noi ci siamo auto-organizzate per prevenire queste situazioni e, se serve, affrontarle proteggendo le donne».

PER LE ATTIVISTE, offrire spazi per lo studio, organizzare momenti aperti di confronto e garantire una socialità differente significa declinare l’idea di «sicurezza» dentro un paradigma alternativo a quello della richiesta di più polizia e maggiore controllo. Così, il mix studenti, migranti e femminismo funziona. Nel quartiere di San Lorenzo è noto a tutti che gli spazi occupati sono una fonte di ricchezza culturale e sociale inesauribile. L’omicidio si è consumato in un edificio abbandonato e non in uno spazio occupato. Anche per questo, chi ha provato a utilizzare il barbaro omicidio di Desirée per giustificare una campagna di sgomberi è stato chiamato «sciacallo».

«IN OGNI CASO, quello che è accaduto ci interroga in maniera seria – conclude Fatima – Ormai da due anni militiamo nel movimento femminista Non Una Di Meno e il fatto che ancora una volta una ragazza sia stata uccisa crea in tutte noi una grande rabbia. Non si può restare immobili davanti a quello che accade nel nostro Paese e nel mondo a causa del sessismo dilagante».