Mini-summit di dieci dirigenti del centro-sinistra per incoronare un candidato di destra. È questa la strana riunione che ha luogo stamattina a Parigi, su invito di François Hollande: Matteo Renzi, l’austriaco Werner Faymann, il belga Elio Di Rupo, con i primi ministri di Romania, Slovacchia, Repubblica ceca e Danimarca, alla presenza del vice-cancelliere tedesco Sigmar Gabriel e di Martin Schultz, che è stato nominato alla presidenza del gruppo Pse nel nuovo europarlamento, approveranno l’elezione del lussemburghese Jean-Claude Juncker, candidato del Ppe, alla presidenza della Commissione, come successore di José Manuel Barroso.

Certo, lo fanno in nome del rispetto della «democrazia»: era stata la sinistra ad insistere sulla necessità di far scegliere all’elettorato il presidente della Commissione, ma la destra, non entusiasta di questo impegno con gli elettori, è arrivata in testa. Angela Merkel ha frenato su Juncker ma poi ha dovuto cedere. L’altro mini-summit, organizzato all’inizio di giugno in Svezia, tra i «paesi competitivi», alla presenza di Germania e Gran Bretagna, è fallito e non è stato possibile imporre un nome alternativo. La «sinistra» chiede però un prezzo per appoggiare Juncker: maggiore flessibilità nell’applicazione del Fiscal Compact (e sulla carta avrebbe l’appoggio di Gabriel).

Intanto, a pochi giorni dal Consiglio europeo del 26 e 27 giugno, che dovrà proporre i nomi delle cariche europee, continua il braccio di ferro tra paesi, che avanzano, tutti, i loro rispettivi candidati. Per la successione di Van Rompuy alla presidenza del Consiglio viene fatto il nome della danese Helle Thorning-Schmidt, socialdemocratica che non è però invisa a David Cameron, che sta per perdere la sua guerra personale combattuta con l’alleato ceco Viktor Orban contro il «federalista» Juncker. La Francia spera di poter piazzare alla successione di Van Rompuy l’ex primo ministro Jean-Marc Ayrault. Hollande non vuole la danese perché la Danimarca non è nell’euro e nemmeno in Schengen, ma per Merkel «non esiste nessuna regola» del genere da rispettare.

L’Italia ha fatto il nome di Enrico Letta. C’è anche da sostituire la sbiadita Catherine Ashton, Alta rappresentante per la politica estera. In Francia il posto interessa all’ex ministra Elisabeth Guigou, ma potrebbe venir prescelto il polacco Radek Sikorki, molto attivo nella crisi ucraina, schierato a fondo a favore di Kiev contro le province dell’est filorusse. È anche candidata la bulgara Kristalina Goergieva. La delicata alchimia tra stati e partiti dovrà anche portare alla scelta del nuovo presidente dell’eurogruppo e di tutti i 28 commissari (uno per paese).