La Commissione Ue ha chiesto di completare l’Unione bancaria entro il 2018. In una comunicazione presentata ieri a Bruxelles dal vicepresidente della commissione Valdis Dombrovskis è stato presentato un pacchetto di misure che riguardano il fondo salva-Stati Esm e uno schema comune di assicurazione sui depositi (Eidis), anche se la messa in comune dei rischi è stata rinviata come richiesto dalla Germania. In compenso sono stati proposti i «Safe assets» europei, simili alla proposta degli Eurobond avversata da Berlino.
L’idea dei «bond sovrani» era prevista dalla proposta presentata a maggio dalla Commissione. Si trattava di strumenti finanziari che non prevedevano la mutualizzazione, ma l’impacchettamento dei bond nazionali per creare asset con rischi basse. Sullo schema comune di assicurazione sui depositi, la Commissione europea ha deciso di modificare la sua iniziale proposta del 2015. Andando incontro alle esigenze di chi non vuole una condivisione dei rischi prima della loro consistente riduzione. Una proposta timida e deludente che smentisce i propositi del presidente della commissione Juncker. Sul controverso, e molto dibattuto nell’ultima settimana, delle sofferenze creditizie, la Commissione ha proposto uno schema sulla gestione dei crediti inesigibili e alcune misure per negoziare crediti di cattiva qualità sui mercati secondari. Si chiederà alle banche di creare «paracaduti prudenziali» per compensare accantonamenti che possono rivelarsi insufficienti. Si tratta di una proposta a dir poco aridata in un momento molto delicato in cui le proposte della Vigilanza Bancaria Europea sono state respinte in tutta Europa, e in particolare dall’Italia.

I crediti deteriorati pesano sulla zona Euro per circa mille miliardi di euro. L’Italia ne detiene il 30%. Chiedere, come ha fatto la Vigilanza, svalutazioni integrali automatiche con conseguenti obblighi addizionali significa imporre alle banche italiane di negare quel poco credito che erogano per una «ripresa» che sale, ma che non produce effetti lusinghieri a lungo termine. Si spiega così la levata di scudi dall’Associazione bancaria italiana (Abi) a Confindustria e al ministro dell’Economia Padoan che ha detto di avere «perplessità sui modi e sui contenuti» della proposta. La procedura è stata criticata anche dal presidente del parlamento europeo Tajani perché ha saltato i passaggi istituzionali.
Nel Global Financial Stability Report (Gfsr), pubblicato ieri, il Fondo Monetario Internazionale ha ripreso il filo del problema dei «Non performing loans (Npl)». L’organizzazione ha chiesto un maggiore sforzo ridurli e stima che le banche italiane siano capaci di vendere 65 miliardi di euro quest’anno. Anche l’Fmi sollecita il completamento dell’unione bancaria: «resta essenziale per rafforzare le fondamenta della stabilità del settore bancario della zona euro» e chiede di «finalizzare Basilea III» per rafforzare la regolazione dei rischi. Quello che si teme è che la nuova crisi finanziaria si accenda a partire dai titoli «tossici».