A tre anni e due mesi dal ritrovamento del corpo di Giulio Regeni lungo l’autostrada tra Il Cairo e Alessandria, la richiesta di verità da parte di Roma si è ridotta a ritornello stantio. Oggi alle 10 si svolge la prima audizione delle Commissioni riunite di Giustizia ed Esteri sulla proposta di legge che chiede l’istituzione di una commissione d’inchiesta parlamentare sull’omicidio Regeni. In realtà le proposte sono due.

La prima, depositata il 28 maggio 2018 con primo firmatario Erasmo Palazzotto chiede la ricostruzione della verità storica: «La morte di Giulio Regeni ha aperto uno squarcio su una realtà che per troppo tempo abbiamo voluto ignorare. Abbiamo il dovere politico e istituzionale di affermare che Giulio è stato vittima del mondo che anche noi abbiamo contribuito a costruire». E poi una seconda proposta, prima firma Sabrina De Carlo (5Stelle), presentata lo scorso 25 febbraio (probabilmente per non votarne una a firma Sinistra Italiana). Oggi sarà sentito Mario Esposito, professore di diritto costituzionale all’Università del Salento.

Abbiamo parlato con Erasmo Palazzotto, deputato di Sinistra italiana e firmatario della prima proposta di legge.

A cosa dovranno servire queste audizioni?

È un tentativo di allungare i tempi, il lavoro di audizione andrebbe fatto in sede di commissione già istituita. Mi sembra surreale: fare delle audizioni per decidere se istituire la commissione di inchiesta è molto offensivo. La proposta di legge di cui sono firmatario è in quota minoranze, la maggioranza non l’ha voluta. Doveva essere discussa a marzo, probabilmente ora slitterà a maggio nel tentativo di delazionare i tempi e impedire di lavorare. Avviene anche in contraddizione con la posizione del presidente della Camera Fico, che però a quanto pare non riesce a imporsi sulla maggioranza.

Qual è l’obiettivo di una commissione d’inchiesta con gli stessi poteri della magistratura?

Non è mio interesse intralciare la magistratura, l’obiettivo è accertare una verità politica e non sostituirsi agli inquirenti.

Pensa che la ragione di questi ritardi stia nel rapporti di amicizia che il governo mantiene con il presidente al-Sisi?

C’è una continuità assoluta di questo governo con il precedente. In questi anni i nostri capi di governo e ministri sono andati in Egitto a genuflettersi davanti ad al-Sisi, lasciando a margine del business la litania della verità su cui i due paesi sarebbero impegnati. Nessuno dei due paesi è realmente impegnato. La proposta di legge mira a far assumere una posizione politica a governo e parlamento. Abbiamo il dovere di dire che cosa è successo: può essere una verità scomoda, ma dobbiamo dire cosa succede quotidianamente in Egitto.

Come sono stati individuati gli esperti da sentire dalle Commissioni Giustizia ed Esteri?

Sono state avanzate le richieste di audizione dai gruppi di maggioranza. Alcune non erano fattibili, come l’ambasciatore egiziano a Roma perché non rientra nei protocolli. Si è poi deciso per l’abbinamento delle due commissioni e per audizioni di cui non capisco il senso. Dovrebbero servire a comprendere se è necessario fare una commissione d’inchiesta sull’uccisione di Regeni: siamo ancora fermi a questo?

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SCHEDA. Super poteri per al-Sisi, oggi il voto

Ieri a votare e far passare i due emendamenti alla costituzione egiziana è stata la commissione Affari costituzionali e legislativi del parlamento del Cairo. Oggi si va in aula: saranno i parlamentari a esprimersi e, se tutto andrà come al-Sisi ha previsto, già la prossima settimana (con tempi record) si terrà il referendum popolare. Sul piatto c’è il potere pressoché assoluto: il presidente al-Sisi ha promosso dietro le quinte una revisione costituzionale che gli permetterebbe di restare al potere fino al 2034. Ovvero due mandati da sei anni (non più i quattro attuali), con i primi due già svolti da «cancellare». Come andrà oggi in parlamento è assai prevedibile: ieri in commissione su 50 deputati solo sette hanno votato contro.